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08giugno 2025
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La mafia non uccide i bambini: Raffaella
di Pino Maniaci

Quella bara bianca... Dentro c'era Raffaella Lupoli, una bambina di undici anni che sognava di diventare giudice per difendere suo padre da "quelli della droga".

Lui, un precario di trentaquattro anni, aveva appena divorziato dalla moglie e il 10 giugno 1997 era andato a prendere la figlia per portarla in giro con la macchina. Era un giorno felice perché la scuola era finita ed iniziavano ufficialmente le vacanze estive.

Sembra di vederla, Raffaella: la più alta rispetto ai suoi compagni di classe, capelli biondi e due occhioni vivaci pieni di vita. Nella sua casa di Gandoli, a pochi chilometri da Taranto, dove viveva con la madre Patrizia, trascorreva ore davanti alla televisione per guardare i suoi cartoni animati preferiti ma anche per seguire i telegiornali, soprattutto quando mostravano i magistrati a lavoro nelle aule di tribunale.

Da grande avrebbe voluto essere come loro e indossare quella toga che tanto le piaceva.

Ma Raffaella non diventò mai grande. Venne assassinata un martedì sera, mentre era in auto con papà Antonio. Non si vedevano da molto tempo e volevano stare un po' insieme ma quel tempo si ridusse a una manciata di minuti: non si erano accorti di essere seguiti da due persone a bordo di un motorino e, quando si fermarono in una piazza nel cuore del rione Tamburi, non fecero neanche in tempo a rendersi conto di ciò che stava accadendo, perché i killer cominciarono a sparare all'impazzata.

Quattro, in totale, furono i colpi che andarono a segno, tre di questi raggiunsero la piccola Raffaella: uno al fianco, uno al braccio e l'ultimo, quello fatale, al cuore. L'altro proiettile colpì di striscio Antonio alla mano destra.

Una corsa contro il tempo verso l'ospedale ma quel cuoricino smise di battere pochi istanti dopo l'arrivo al pronto soccorso. Un infermiere mise un fiore rosso sulla barella. Il simbolo di una tragedia assurda, di una violenza inspiegabile che distrusse una famiglia e un'intera comunità. Guardatela, questa immagine.

I funerali di una bambina che non aveva fatto del male a nessuno, uccisa al posto del padre, a soli undici anni. E non perché si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lei era accanto al suo papà, a quell'uomo che un giorno avrebbe voluto strappare alla tossicodipendenza.

La mafia glielo impedì. La ammazzò brutalmente, senza fare nessun passo indietro, spezzando la sua piccola vita e quel sogno che sperava di poter realizzare da adulta.

Nessuno deve dimenticare come agiscono i clan e cosa sono veramente: una montagna di merda.


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