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08giugno 2025
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l'assassinio di Giacomo Matteotti
di Daniele Furlan

10 GIUGNO 1924

Dopo il lungo discorso- denuncia del 30 maggio quel giorno Matteotti ha anche un altro illecito da denunciare, sta per presentare alla Camera un dossier riguardante le tangenti e le mazzette che la Sinclair Oil americana paga al Duce e al Re per poter trivellare il suolo siciliano e per gli enormi interessi sul suolo libico, operazione in cui è coinvolto anche il fratello di Mussolini, Arnaldo.

Ed è proprio a questo scopo che, poco dopo le 16 esce di casa per recarsi a Montecitorio quando, nel lungotevere quartiere Flaminio, poco distante dalla sua abitazione, una squadra di cinque fascisti guidata da Amerigo Dumini lo preleva con la forza e lo carica in macchina ..due ragazzini impotenti assistono al rapimento.

Matteotti riesce a gettare dal finestrino della macchina in corsa, la tessera del partito prima di venire picchiato e accoltellato fino alla morte, verrà poi seppellito nel bosco della Quartarella, a 25 chilometri dalla Capitale.

Le accuse della, da tempo, ininfluente opposizione si muovono quasi immediatamente contro Mussolini,( che aveva già instaurato il regime, da molto prima delle elezioni farsa del 6 aprile) il quale inizialmente nega ogni responsabilità.

Quando il corpo di Matteotti viene ritrovato il 16 agosto del 1924 da un cane, Mussolini ordina al ministro dell'interno Federzoni di preparare imponenti funerali da tenersi però a Fratta Polesine, città natale di Matteotti, in modo da tenerli lontani dall’attenzione dell’opinione pubblica.

La vedova Velia Matteotti però rifiuta perentoriamente, scrive a Federzoni dicendo che al funerale non vuole la presenza di alcun esponente del Partito Nazionale Fascista e della Milizia: "nessuna camicia nera".

Il 3 gennaio 1925, a ormai oltre sei mesi dal delitto, di fronte alla Camera dei deputati, Mussolini inizia sprezzante un discorso in cui, con la consapevolezza di essere intoccabile, unico padrone di tutto, si assume personalmente la responsabilità dell’accaduto facendone motivo di vanto.

Giacomo Matteotti, "TEMPESTA" lo chiamavano i suoi amici e compagni per la forza e la tenacia con cui conduceva le sue battaglie per l'ideale di rendere liberi sé stessi, nel rispetto di tutti rendendo liberi tutti... Un ideale che lo portò alla morte.

Rifletteteci italiani, tanto più oggi che la parola "LIBERTÀ" in Italia viene usata spesso "a vanvera".

La casa di Matteotti, a Fratta Polesine, dove, dopo la sua morte, hanno continuato ad abitare sua madre, sua moglie e i suoi figli, è diventata poi museo con la legge 255/2004.
Consiglio a tutti di andare a visitarla, prima che i nipotini politici del duce decidano di cestinare la legge e chiuderla in quanto " compromettente".
Perché oltre a tornare a quell'epoca, immergersi nella vita di questo splendido protagonista del'900, potrete consultare anche documenti importanti compresa la testimonianza dei due, allora ragazzini, presenti nella scena del rapimento.


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