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Referendum: il primato negativo del Sud
di Elsa Fontana *
Non è passata inosservata la distribuzione del voto referendario lungo tutta la penisola. Il nord e il Centro hanno trainato l’affluenza, con Toscana ed Emilia Romagna che svettano per partecipazione, il Sud arranca nelle retrovie con il primato negativo conquistato da Sicilia e Calabria.
Ora, dato che in tutto il Sud, ma in Calabria e Sicilia specialmente, i problemi legati al lavoro o alla sua mancanza sono endemici, sorge spontanea la domanda: ma calabresi e siciliani e meridionali in genere hanno capito che questi referendum si occupavano di lavoro della sua tutela e della tutela dei lavoratori?
Certo, a parziale scusante possiamo citare il fatto che sono terre tradizionalmente schierate a destra, ma non credo possa bastare a spiegare il totale disinteresse dimostrato. Forse è arrivato il momento di ammettere che la percezione del lavoro in queste latitudini è leggermente diversa dal resto d’Italia e non mi si accusi di anti meridionalismo, visto che lo sono anche io, ci vivo regolarmente e ho occhi per vedere e orecchie per sentire.
Qui, soprattutto nelle fasce meno scolarizzate e di lavoratori meno specializzati, c’è il retaggio che il posto di lavoro è prerogativa della politica che ne dispone come merce di scambio perfettamente integrata nel tessuto sociale e normalmente accettata a tutti i livelli. Si sa che per aspirare ad un posto di lavoro devi essere pronto a mettere a disposizione il tuo voto e quello della tua famiglia al politico di turno.
Questo avviene sempre? Il patto viene rispettato? Certamente no, altrimenti avremmo risolto il problema della disoccupazione nel Mezzogiorno. No, è come una lotteria, ci provi, tanto che ti costa? Solo il tuo voto e se non riesci, ritenta, sarai più fortunato. Perché nel frattempo vedi Tizio e Caio che un posto di lavoro l’hanno rimediato, magari in una cooperativa di pulizie o in una ditta che ritira i rifiuti, e allora è solo questione di mettersi in fila e aspettare. E si entra in questo loop della disperazione e anche della furbizia, perché non solo di disperazione si tratta, questo va detto.
Ma nel frattempo, se fosse per il Meridione avremmo ancora i Savoia a governarci benignamente. E tutto ciò in barba alle migliaia di ragazzi e ragazze che ogni anno emigrano direttamente all’estero da queste terre così generose e così matrigne, nell’indifferenza generale, come fosse una cosa scontata contro cui nulla si può. No, il mio non è anti meridionalismo, è rabbia nel vedere come una coltre di scirocco si sia impossessata da secoli dei cervelli di un gran numero di cittadini che vedono di essere sempre fermi ad un punto, ma non capiscono e si incaponiscono sempre sulla stessa strada.
Certo, ci fosse una classe politica d’opposizione forte, dei partiti strutturati che potessero dare speranza a chi non si arrende a queste derive indigeribili sarebbe tutto un altro discorso. E allora vi faccio la cronaca del Pd siciliano degli ultimi mesi, quel Pd che come ragione sociale, al momento, avrebbe quella di fare una opposizione decente e costruttiva, oltre che a sentire il polso dei territori. Bene, da qualche mese si è aperta la stagione dei congressi, prima quello regionale, poi quelli provinciali.
In quello regionale, che ha riconfermato il segretario uscente Barbagallo, sono state apportate modifiche al regolamento elettorale, modifiche avvenute e votate in un collegamento on line di cui, nonostante reiterate richieste, non si è riusciti ad avere la lista dei partecipanti. Ma ciononostante il Commissario inviato dal nazionale, l’onorevole Nico Stumpo, ha avallato i risultati del congresso a cui molti non hanno partecipato per protesta.
A seguire, il congresso provinciale del Pd di Siracusa si apre con un’unica candidata, diciamo espressione dell’establishment, cui si aggiunge in corsa un’altra candidatura contrapposta. Ma il voto diretto certifica una sostanziale parità e la Commissione provinciale del congresso apre allora al voto on line di tutti quei fuori sede che non possono presenziare.
Il voto viene improvvisamente anticipato di un giorno, ma ciononostante vince il candidato contrapposto a quella dell’establishment. Ricorsi, contumelie, attacchi e il Commissario inviato dal nazionale, sempre quel Nico Stumpo di cui sopra, appena ricevuto il ricorso lo accetta immediatamente e annulla l’elezione. Naturalmente ci sarà un controricorso, mentre sui media volano accuse, veleni e minacce.
Vi risparmio oltre questa via crucis di una classe dirigente di esclusivi poltronari, di generali senza esercito, politicamente morti, ma non seppelliti. Faccio solo un’ultima domanda: qualcuno può pensare che questa casta di impresentabili possa rappresentare un punto di riferimento per gli enormi problemi della Sicilia?
Schifani può dormire tranquillo e godersi orgogliosamente l’ultimo posto in classifica come peggiore gradimento di tutti i presidenti di regione. Altro che referendum sul lavoro!
* Coordinatrice Commissione Politica e Questione morale dell'Osservatorio
 
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