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Architettura ostile, società ostile
di
Francesco P. Esposito *
Non è solo una panchina con i braccioli in mezzo. È un messaggio chiaro:
“Non fermarti, non appartieni, non sei il benvenuto.”
Hanno trasformato i terzi luoghi — spazi pubblici, liberi, dove socializzare senza consumare — in trappole di metallo, in deserti di cemento senz’anima.
Dove prima c’erano piazze, ora ci sono dissuasori.
Dove potevi sederti a pensare, ora ci sono spuntoni.
Dove si poteva vivere, adesso si deve solo passare.
È guerra ai corpi che sostano.
Agli anziani che si riposano. Ai poveri che esistono.
Questa non è sicurezza. È segregazione estetica. È urbanistica della paura.
E tu la chiami decoro.
Io la chiamo violenza ambientale.
Io lo chiamo stupro della felicità.
* Criminologo forense, componente del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio
 
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