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Trucchi comunicativi di Parenzo su Israele e Palestina
di Paolo Mossetti
In un'intervista in cui David Parenzo, pur abbandonando la guasconeria di qualche mese fa - pubblicava, a febbraio, da «liberale» la foto di detenuti palestinesi costretti a posare in ginocchio, in prigione, indossando magliette bianche con una Stella di David blu e le parole «non dimenticheremo né perdoneremo» - si affida al più puro fatalismo per accettare la guerra e ci spiega che «Israele vuole sempre la pace», emergono due azioni concettuali.
Qui si parla del giornalista della Zanzara, ma vale per tanti altri.
La prima è ridurre il cambiamento di toni dell'opinione pubblica e della politica occidentale su Israele a una questione di furbizia terrorista: Hamas usa i palestinesi come scudi umani, i social purtroppo ci mostrano i morti, e la gente emotivamente sta dalla parte sbagliata.
Qualunque scelta politica, qualunque pregresso al 7 ottobre, qualunque giudizio politico sulla storia mediorientale è insomma liquidato da uno dei giornalisti più ascoltati d'Italia come secondario rispetto alla parte giusta che è troppo buona per comunicare in modo efficace.
La seconda cosa che fa Parenzo, per motivare questo ragionamento, è presentarci un tipico briefing di propaganda delle autorità israeliane - decontestualizzato, montato ad hoc, impacchettato per i giornalisti stranieri nel dicembre 2023 - come se fosse una fonte d'informazione neutra.
Parenzo, abbandonando ogni diffidenza «liberale» per la parte più forte in causa - la nostra - usa quel documento come il dispositivo politico per cui è stato ideato: dirci che there was no alternative, ciò che è avvenuto era l'unica scelta e non va discussa.
In questo modo ribadisce, tramite quel dispositivo, la superiorità quasi ontologica di una parte rispetto all'altra.
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