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USA e Siria, accordo storico: combattenti stranieri in esercito nazionale siriano
di Leandro Leggeri
Un’inattesa convergenza tra Washington e Damasco segna una svolta nella gestione post-bellica della Siria. Secondo quanto riportato da Middle East Eye, gli Stati Uniti avrebbero dato il proprio assenso a un controverso piano del governo siriano per integrare circa 3.500 combattenti stranieri – in gran parte uiguri provenienti dalla Cina e da altri paesi dell’Asia centrale – all’interno dell’esercito regolare siriano.
La nuova unità, denominata 84ª divisione dell’esercito siriano, vedrà la partecipazione sia di siriani che di ex combattenti ribelli stranieri, molti dei quali erano affiliati a gruppi come Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e il Partito Islamico del Turkestan, considerato terrorista dalla Cina.
A sostenere il piano è Tom Barrack, ambasciatore americano in Turchia e inviato speciale di Donald Trump per la Siria. Dopo un incontro con il presidente siriano Ahmed al-Sharaa a Istanbul, Barrack ha dichiarato che l'inclusione è “una strategia più sicura dell’esclusione”, riconoscendo la lealtà dimostrata da molti combattenti nei confronti del nuovo governo.
Questa posizione rappresenta un’inversione di rotta rispetto alle precedenti richieste statunitensi, che prevedevano l'espulsione dei combattenti stranieri. Il cambiamento sarebbe maturato in seguito al recente viaggio del presidente Trump in Medio Oriente, durante il quale ha aperto a un disgelo con il governo siriano, promettendo anche la revoca delle storiche sanzioni imposte a Damasco fin dal 1979.
La mossa ha suscitato reazioni miste a livello internazionale. La Cina ha espresso preoccupazione, invitando la Siria a contrastare ogni forma di terrorismo, mentre il governo siriano difende la scelta come un mezzo per evitare che questi combattenti vengano arruolati da gruppi estremisti come al-Qaeda o ISIS.
Il piano include anche la concessione della cittadinanza siriana ai combattenti stranieri, un gesto che rafforza la volontà di integrarne definitivamente il ruolo nello Stato post-conflitto.
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