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Fra cori d'odio anche i cristiani cacciati da Gerusalemme
di
Antonella Salamone
Ieri si è svolta la Marcia delle Bandiere a Gerusalemme, tra cori “Morte agli arabi” e “Bruceremo i vostri villaggi”. Non è una parata folkloristica. È una dichiarazione ideologica, geo-religiosa e coloniale.
Non si tratta di rappresentazione, né lo è mai stata.
Le dinamiche sul campo — comprese le prostrazioni ebraiche protette dalla polizia e i tentativi reali di sacrifici animali durante Pesach 2025 — indicano l’intento concreto di violare lo status quo e appropriarsi fisicamente e spiritualmente di Al-Aqsa (la Spianata delle Moschee).
Il progetto è chiaro: la ricostruzione del Terzo Tempio.
Non è una teoria. Gli utensili rituali, gli altari, i paramenti sacri e persino una replica dell’Arca dell’Alleanza sono già pronti, custoditi presso il Temple Institute di Gerusalemme e nella sua workshop affiliata a Mitzpe Yericho, in Cisgiordania.
Ma soprattutto: i blocchi in pietra destinati alla costruzione del tempio sono già stati intagliati e preparati nel “Biblical Arts Center” di Dallas, Texas (USA), in collaborazione con fondazioni evangeliche sioniste che finanziano attivamente il progetto.
Anche i cristiani palestinesi sono umiliati e repressi: durante la Pasqua, le autorità israeliane hanno imposto restrizioni storiche alla celebrazione della Chiesa del Santo Sepolcro.
Il messaggio è inequivocabile: a Gerusalemme non si tollera più alcuna presenza religiosa se non quella ebraica.
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