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26 maggio 2025
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Semiti, sionisti e nazisti
di David Cappellini

Primo equivoco: "semita" è un concetto filologico e riguarda il ceppo linguistico comune a moltissimi popoli del Medio Oriente e del Nord Africa. Dal babilonese all'assiro, fino all'arabo e ai ceppi linguistici abramitici, le lingue di ceppo semitico non hanno contraddistinto un solo popolo, così come le religioni politeistiche, che hanno anticipato quella ebraica, sono state patrimonio comune nel tempo dei "semiti".

È la modernità che ha stravolto il significato di semita, associandolo esclusivamente alle popolazioni di religione ebraica e coniando così la sua nemesi, l'antisemitismo, fornendolo di connotati essenzialmente razziali. Gli arabi e i palestinesi in particolare, non sono antisemiti, ma semiti come gli israeliani.

Oggi è diventato di moda fare volutamente confusione, al punto da generare l'equivoco semplificato in "islam uguale antisemitismo", facendo leva sulle numerose guerre combattute dal 1948 ad oggi, dai paesi limitrofi o inseriti in quell'area, contro lo stato di Israele.

Secondo equivoco: il termine "sionista" indica un movimento nazionalista ebraico nato agli albori del XX° secolo in ambito borghese intellettuale europeo, con cui i suoi esponenti chiedevano la costituzione di uno stato indipendente ebraico. Richiesta accolta nell'immediato dopoguerra, che non legittima affatto l'attuale espansionismo violento dello stato di Israele a danno delle popolazioni arabe.

Gli arabi avevano accettato di ridurre fino al 22% i loro territori a vantaggio del nascituro stato israeliano. Le guerre combattute, da Suez allo Yom Kippur, dal Libano fino alla Cisgiordania, per finire all'attuale genocidio in atto a Gaza, sono guerre di espansione territoriale e quindi economiche, non di tipo religioso o etnico.

Non è importante disquisire su chi le ha iniziate, perché gli interessi contrastanti tra Israele e i paesi arabi non si sono esauriti con la fine del duopolio planetario di Usa e Urss. Anzi, si sono acuiti grazie alla fine dell'equilibrio che poneva agli alleati di entrambe le potenze, l'obbligo di non superare certi limiti.

Lo stato di Israele non è di per sé un'entità sionista, ma è governato periodicamente dalla destra sionista e ultranazionalista, razzista e orientata all'affermazione del labensraum a scapito dei vicini. Chi conosce e riconosce queste realtà non è né antisemita, né antisionista in generale, ma è contrario all'attuale politica di un governo illiberale e razzista come quello di Netanyahu.

Le generalizzazioni a cui viene destinato chiunque critichi il comportamento di Israele, sono pura propaganda strumentale, antiaraba e antislamica a prescindere e fondamentalmente antidemocratica (non a caso seguono la narrazione secondo cui i palestinesi coincidono con Hamas).

I tanti, per fortuna, che la pensano come me, non credono che tutti gli israeliani siano come Netanyahu e che non esistano ebrei per il dialogo, ma sappiamo che la propaganda esiste ovunque e mistifica la realtà a suo uso e consumo. Aprite gli occhi.

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