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24 maggio 2025
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Sadismo sessuale e inversione accusatoria
di Rossella Ahmad

Credo di averlo già narrato ma, in certi casi, repetita iuvant, eccome.

All'inizio degli anni 2000 curavo un sito di informazione su Medioriente e Palestina. Al tempo non esistevano ancora i social e neanche quindi le condivisioni rapide di notizie e video ma, in compenso, il web non era un luogo così blindato come quello di oggi. Con un po' di perizia ed un po' di pazienza si riusciva ad arrivare in segmenti oggi quasi inaccessibili, il famigerato deep web. Quella parte dell'infosfera telematica cioè in cui non esistono più regole. Una sorta di far west, in cui puoi vedere ed incontrare davvero di tutto.

Io ci giunsi passando da un link all'altro, seguendo le vicissitudini di ragazze dell'est segregate nei bordelli di Tel Aviv. Mi imbattei in frammenti di video sconvolgenti per una persona che, come me, era a conoscenza della nascita assai sporca dello stato d'israele ma non ancora pienamente consapevole della malattia mentale che serpeggiava già allora all'interno di quella società, caratterizzata da un rapporto malatissimo con il sesso, la violenza ed il sesso ottenuto con l'esercizio della violenza.

I soldati ammiccanti con la biancheria intima delle donne palestinesi trucidate durante il genocidio di Gaza danno il senso di questa deviazione psicologica, così come i maltrattamenti e le torture ai detenuti palestinesi, sempre improntati ad atti di sadismo ed umiliazione sessuale.

Il revisore dei conti dello stato israeliano, Matanyahu Englman, ha dichiarato che una soldatessa su quattro, reclutata nella polizia e nello Shin Bet, ha subito abusi sessuali. Il rapporto da lui curato ha rilevato che il 38% delle donne di leva in servizio nelle carceri israeliane ha subito abusi sessuali di qualche tipo durante il servizio e che il 70% di tali abusi è stato commesso da un dipendente a tempo indeterminato o da un comandante.

Non bisogna dunque meravigliarsi che la narrativa trash che accompagnò e fornì la stampella mediatica al genocidio di Gaza fu improntata su questioni sessuali, essenzialmente. Si chiama "inversione accusatoria", ed è il processo psicologico - ma direi psichiatrico - per il quale atti reali o presunti, costantemente presenti nella mente dell'accusatore fino a diventare ossessione, si imputano ad altri.

L'accusa di un narcisista è quasi sempre una confessione.

Per contro, la società palestinese è estremamente candida. In oltre cento anni di lotta contro l'oppressione, nessun palestinese è stato mai accusato di crimini sessuali, violenze di genere e abusi, né accostato a pratiche tanto infamanti.

Le accuse di stupri e femminicidi - tutte smontate da giornalisti con gli attributi già all'indomani del sette di ottobre - furono dunque un falso da manuale, deliberatamente fabbricate e basate esclusivamente sulla testimonianza di volontari della Zaka, agenzia di ebrei ortodossi ultranazionalisti specializzati nel recupero di correligionari vittime di catastrofi, con obiettivi ben precisi da perseguire, sia politici sia pecuniari. E difatti i suoi profitti sono cresciuti in maniera esponenziale dopo il sette di ottobre, con donazioni cospicue da parte dei sionisti di tutto il mondo. Non si trattava di medici forensi, ovviamente, ma la loro testimonianza fu accreditata come tale.

Incidentalmente, tutti coloro che si sono prestati alla divulgazione delle false accuse degli stupri attribuiti ad Hamas - cioè ad una Resistenza che si richiama ad inderogabili e severi principii religiosi - stanno cadendo vittime, l'uno dopo l'altro, delle stesse accuse rivolte ai palestinesi. Solo che nel loro caso non si tratta di accuse ma di arresti in flagranza di reato.

E quindi, dopo l'avvocato difensore di israele nel procedimento per genocidio alla corte dell'Aja, Alan Dershowitz, il cui nome è stato ritrovato nelle famigerate "carte di Epstein" per aver avuto rapporti sessuali multipli con minori, anche Yitzhak Meir Sabo, figura religiosa di spicco in israele, è stato arrestato a Dallas qualche mese fa con l'accusa di pedofilia, per aver sessualmente molestato un ragazzino nella scuola religiosa della città texana.

Il rabbino accusato ha utilizzato il suo status religioso per influenzare l'opinione pubblica occidentale e giustificare i massacri commessi dall'occupazione contro i civili palestinesi, soprattutto a Gaza. È stato un pericoloso strumento di propaganda volto a insabbiare l'immagine dell'occupazione e demonizzare tutti coloro che vi si oppongono.

Last but not least, il caso dell'ex-ostaggio di Hamas, la mitomane che "temeva di essere stuprata" mentre era a Gaza - questa la sua dichiarazione pruriginosa ai media israeliani, lautamente retribuita - e che poi è finita stuprata davvero, ma in israele dal suo personal trainer.

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