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2 morti in USA, 50000 a Gaza, dice vicino dell'attentatore
di
Leandro Leggeri
Due colpi di pistola hanno scosso il cuore della capitale statunitense, ma il vero boato è arrivato dal silenzio di un uomo anziano, affacciato alla finestra del suo appartamento tappezzato di cartelli.
È il vicino di Elias Rodriguez, il 31enne di Chicago che ha ucciso due membri dello staff dell’ambasciata israeliana a Washington. Più che giustificare, l’uomo ha deciso di parlare. E quello che ha detto ha lasciato il segno.
“Abbiamo due morti qui a D.C., e 50.000 morti a Gaza. Quanti bambini sono morti di fame la scorsa notte?” chiede, con voce ferma, alle telecamere.
Le sue parole non cercano alibi per il gesto di Rodriguez, ma puntano il dito su un crimine ben più vasto: quello che sta avvenendo a Gaza da mesi, sotto gli occhi del mondo, nel silenzio assordante delle diplomazie occidentali.
Nel suo breve intervento, l’uomo – 71 anni, attivista autodidatta – ha evocato la memoria di Dwight Eisenhower, unico presidente americano ad aver avuto il coraggio di imporsi su Israele, Francia e Regno Unito nel 1956, chiedendo il ritiro immediato dalle terre occupate. “Dove saremmo oggi se due anni fa avessimo avuto un presidente capace di fare lo stesso?”, domanda.
La figura di Rodriguez, descritto come “tranquillo e gentile”, resta sospesa nel vuoto morale che si apre quando le istituzioni tacciono e gli individui esplodono.
Il suo vicino non approva la violenza, ma ne denuncia le radici. “Le armi e le bombe non metteranno fine a questo genocidio”, ammonisce. E infine lancia un appello semplice e devastante: “Cessate il fuoco. Basta morti. Basta morti a D.C., basta morti a Gaza”.
Nel frastuono delle armi, la voce di un uomo qualunque risuona come un grido di giustizia.
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