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La scusa del conflitto tra religioni e culture
di Mario Cosenza
Gaza e la Cisgiordania sono macigni sul cuore. Il dolore di assistere in diretta mondiale - e non dai libri, non da Hollywood - a una carneficina terrificante non è descrivibile.
Sappiamo tutto, lo sappiamo tutti, e al contempo la distanza dall'avere un qualsivoglia ruolo o poter fare qualsiasi cosa è tale da generare una scissione, un'alienazione.
Mai come a Gaza sembra sia morta anche la speranza che si possa trasformare la realtà impegnandosi a partire dal gesto primordiale che genera una coscienza politica, il "no" al mondo com'è. Per chi crede in certe cose sarà davvero dura riprendersi.
Il paradosso sulla "non agibilità" politica è che tutto ciò avviene proprio in un massacro in cui il Politico mostra tutta la feroce necessità e centralità anche nel 2025, altro che post-politica.
Il grande (auto)inganno è stato credere nel conflitto tra religioni e culture - la grande narrazione manichea spendibile per una storia stile Marvel -, quando qui da sempre e da subito, si era dinanzi a un progetto politico, geopolitico, spazializzato, economico, assolutamente concreto, politico in senso stretto, con il Nazionalismo sionista ad essere un puro e mero fattore di morte.
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