Gaza: ripresi aiuti su pressione USA ma intanto sfollamento forzato
di Leandro Leggeri

Il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato la ripresa immediata degli aiuti umanitari verso Gaza, in coordinamento con diverse organizzazioni internazionali. La misura sarà temporanea, in attesa dell'attivazione — prevista per il 24 maggio — di un nuovo meccanismo gestito congiuntamente da Israele e Stati Uniti. Ma dietro la notizia si cela un quadro ben più allarmante.

Secondo quanto riferito dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, la decisione sarebbe stata presa sotto la forte pressione dell'amministrazione americana, preoccupata per l'aggravarsi della crisi umanitaria e le crescenti critiche internazionali. Alcuni ministri israeliani avrebbero espresso contrarietà, definendo l'intervento esterno come un'ingerenza.

Tuttavia, ciò che preoccupa maggiormente è il contesto in cui questa ripresa degli aiuti si inserisce. Secondo fonti internazionali e analisti dei diritti umani, la misura rientrerebbe in un controverso piano israelo-statunitense per confinare circa 2,5 milioni di palestinesi in una porzione ristretta del sud della Striscia di Gaza. Un piano che, secondo Amnesty International, rischia di configurarsi come sfollamento forzato di massa, in violazione del diritto internazionale.

A peggiorare il quadro, i nuovi aiuti coprirebbero appena un quarto della popolazione di Gaza, lasciando milioni di civili senza accesso adeguato a cibo, acqua e assistenza sanitaria in una delle crisi umanitarie più gravi del nostro tempo.

In un contesto di devastazione — con oltre 53.000 palestinesi uccisi e gran parte della popolazione sfollata — la decisione israeliana sembra più una manovra politica che una reale apertura umanitaria.

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