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Stati arabi: una inutile forte condanna
di Rossella Ahmad
I più ridicoli personaggi sulla faccia della terra - i capi arabi - hanno finalmente trovato quei cinque minuti che gli avanzavano per incontrarsi e discutere della carneficina che insanguina Gaza.
La montagna ha partorito il solito topolino. Gli Emiri. I Re. I ministri. I Capi di Stato.
"Ce lo chiede il popolo di Gaza".
Per inciso: il popolo palestinese nulla si è mai aspettato da loro, ed a ragione.
Tutti orientati verso la normalizzazione, desiderosi da sempre di entrare a fare parte del privilegiato club degli amici di israele e sbarazzarsi una volta e per tutte dello scomodo fardello, hanno lasciato che in Palestina accadesse ciò che è accaduto senza fare una piega. E mica da ieri.
I migliori amici di israele non risiedono in occidente, ma nel mondo arabo.
Se non fosse stato per il loro collaborazionismo fin dagli albori di questa oscena avventura coloniale, neanche un centimetro quadrato di Palestina sarebbe andato perso. La pantomima del piccolo stato circondato da potenti nemici era, appunto, una pantomima, utile al rafforzamento di una narrativa manipolatoria. Non vi erano né potenti né nemici in Medioriente, e di questa boutade debunkerizzata già da decenni continuano a parlarne giusto a Retequattro.
Del resto, basta leggere la storia di queste nazioni dalla caduta dell'impero ottomano ad oggi. Da Lawrence d'Arabia ad Al-Sisi, da un tradimento all'altro dei principi di non ingerenza, di libertà e democrazia e del diritto all'autodeterminazione.
Gli accordi di Abramo: paci separate cioè , con la questione palestinese finita fuori agenda. Una spina nel fianco per i popoli, una patata bollente per i governi, tutti indemocraticamente piazzati per volere dell'impero.
Le immagini del 2022 dell'apertura dell'ambasciata israeliana nel Bahrein - immagini di scintillante festosità - hanno ancora il potere di farmi imprecare in aramaico.
Per non parlare della recente visita di Trump nella penisola arabica, con regali multimilionari e spettacoli di donne offerti al piazzista di Israele mentre a Gaza non giungeva un pezzo di pane. Mentre a Gaza venivano uccise 500 persone solo durante il tempo della visita.
È assolutamente vero: si tratta di un agghiacciante ritorno alla jahiliyya. Con una differenza non da poco: ai tempi dell'ignoranza, gli arabi avevano ben saldo il senso dell'onore e della dignità.
(Di questo circo si salva giusto lo Yemen che, da solo, restituisce un po' di orgoglio all'intera nazione araba).
Dunque, queste teste pensanti si sono incontrate ancora una volta sul territorio di un paese che galleggia letteralmente sul petrolio - ed a Gaza non hanno più carburante per far funzionare i pochi reparti ancora in piedi dopo il feticistico attacco ai nosocomi palestinesi - ed hanno deliberato. Si sono espresse. Hanno estrinsecato.
Stop alle forniture di petrolio e di gas per i fiancheggiatori del genocidio in corso? Rottura delle relazioni diplomatiche con Israele e forzatura del blocco di Gaza? Macché. Peggio. Hanno condannato la deportazione prossima ventura dei palestinesi e i tentativi di annessione dei territori da parte di Israele.
Ma mica una condanna qualsiasi, eh. Una forte condanna.
Dice che la notte dopo in Israele non abbiano dormito per la paura.
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