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NYT: inchiesta su fallimentare campagna contro gli Houthi
di Paolo Mossetti
Tra le storie più interessanti c'è l'inchiesta del NYT sulla fallimentare campagna militare contro gli Houthi, iniziata dal fronte euro-atlantico per rispondere a una escalation voluta da Israele.
Tra le rivelazioni più clamorose di questo postmortem c'è il fatto che in 30 giorni il costo dell'operazione ha superato un miliardo di dollari, gli Houthi hanno abbattuto sette droni da 30 milioni di dollari ciascuno e per poco non hanno abbattuto diversi F-16 e un F-35. Nonostante un massiccio dispiegamento di portaerei, B-2, caccia, Patriot e sistemi Thaad, la strategia voluta dal generale Michael Kurilla si è rivelata rozza e disastrosa.
Il nemico, mosso da un'ideologia lontana, violenta e radicale, era più sofisticato del previsto. Il consumo eccessivo di munizioni di precisione ha inoltre allarmato il Pentagono, che adesso teme di restarne senza in caso di conflitto con la Cina per Taiwan.
Ma c'è un ulteriore risvolto: la campagna contro gli Houthi suggerisce l’opzione militare contro il programma nucleare iraniano, sognata dai segmenti neocon o pro-Netanyahu della diaspora, è meno credibile.
La base Maga non vuole nuove guerre in Medio Oriente, il Pentagono non sarebbe garantire una vittoria rapida, e poche settimane fa Israele è stato colpito con un missile balistico nonostante lo scudo statunitense - figuriamoci cosa succederebbe senza. Motivo in più peraltro per sottolineare la dipendenza dell'imperialismo israeliano, e la radicalizzazione di quella società, dai crediti dell'alleato principale.
La speranza, oggi, è che Teheran possa ottenere un accordo dimostrando ai falchi che ha in casa che le negoziazioni partono da una posizione quasi alla pari.
La manifesta debolezza statunitense, palesatasi nel Mar Rosso, insomma, potrebbe portare un compromesso più ampio e rapido altrove, allontanando ulteriormente Trump da Netanyahu.
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