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8 e 9 giugno: referendum prova di democrazia
di Elisa Fontana
Bene, con metafora abusata ma aderente al vero, possiamo dire che la maggioranza di governo ha gettato la maschera della sua intrinseca illiberalità e della spudorata mancanza di qualunque aggancio con i fondamentali della democrazia. L’argomento è quello dei referendum dell’8 e 9 giugno.
Già domenica FDI, cioè Giorgia Meloni, perché là dentro non si muove foglia che Giorgia non voglia, ha mandato una comunicazione interna a tutti i suoi parlamentari in cui ha dettato la linea, stabilendo che non andando a votare “i cittadini possono esprimere il loro dissenso”, una frase che farebbe sanguinare gli occhi a Tocqueville o Montesquieu, ma che ci dice chiaramente cosa pensa veramente questa classe di governo della democrazia: nuoce gravemente alla salute.
E il dissenso adesso si esprime non a testa alta e a chiare lettere, ma facendo finta di nulla, disertando le urne, non assumendosi nessuna responsabilità politica e scappando dal confronto democratico. Che per essere i nipotini del duce in fuga travestito da tedesco non dovrebbe fare meraviglia, se non fosse che, evidentemente, sono passati 80 invano.
Ma a dare manforte, ove mai ce ne fosse bisogno, alla cara Giorgia, è sceso in campo anche Tajani. Sapete quel Tajani che si fa un punto d’onore nel sottolineare di essere un moderato, appartenente ad un partito di moderati che fino ad ora non ha fatto un plissé davanti alle bieche politiche di respingimento in mare di naufraghi, o del silenzio assordante di fronte al genocidio di Gaza, giusto per rimanere nel campo di competenza di un ministro degli esteri.
Bene, il moderato Tajani ha dichiarato che loro non sono d’accordo con i referendum proposti. E alla precisa domanda se stesse invitando all’astensione ha risposto con un “assolutamente sì”, perentorio ma moderatissimo come ognuno può vedere.
Questa è la cultura democratica di questa classe politica che ammette l’uso del voto popolare fino a quando dà loro ragione, mentre ne fugge inorridito se anche solo per ipotesi remota dovesse ricavarne uno smacco. Questo, naturalmente, perché ancora questo fastidiosissimo rito delle votazioni non viene rimosso con grande soddisfazione di tutti questi Churchill in incognito.
Ma al di là del totale rifiuto del normale svolgimento della vita democratica, al di là dello sbertucciamento plateale del Presidente della Repubblica che non più tardi di qualche giorno fa aveva invitato tutti a contrastare l’astensionismo, sottolineando il valore democratico del voto, al di là di tutto questo che per questa gente non ha nessun valore, io vedo anche altro.
Vedo che comincia a serpeggiare un po’ di paura. Paura che il quorum possa essere raggiunto e che quindi il referendum sia valido e a quel punto la vittoria dei sì sarebbe scontata. E sarebbe davvero una bella lezione per tutti questi coraggiosissimi politici che standosene a casa non potranno incidere in nessun modo sul risultato se si raggiungesse il quorum.
Raggiungere il quorum sarà molto difficile, ma non impossibile e abbiamo tutti, nessuno escluso, il dovere di impegnarci per raggiungerlo, innanzitutto per abolire delle leggi inique, ma anche per dimostrare che una opposizione nel Paese esiste e non tollera i giochetti di Meloni e compagnia. Adesso tocca a noi, casa per casa, strada per strada.
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