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Traumatizzati come il piccolo Feisal
di Rossella Ahmad
Scritto un anno fa per i bambini di Gaza, gettato anche oggi come allora in faccia ai sionisti di casa nostra, che continuano a nutrirsi di falsi assunti per giustificare la loro adesione piena, entusiastica e sfacciata allo sterminio in atto. Una vergogna indelebile, che li perseguiterà per gli anni a venire:
"Ricordate Feisal, il bambino piccolissimo che raccontava dell'uccisione di sua madre, incinta di sette mesi, e di suo padre avvenuta dinanzi ai suoi occhi? Ricordate il suo sguardo spiritato, il faccino smunto e triste, le parole forbite che utilizzava nel parlare, segno inequivocabile di appartenenza ad una famiglia di alta cultura?
Era traumatizzato, Feisal. L'incontro con la morte in maniera così violenta , la sottrazione dolorosa dei genitori in un contesto come quello di Gaza, in cui la famiglia, le madri, e i padri soprattutto, rappresentano per i bambini la roccia a cui aggrapparsi per non affondare, hanno avuto un impatto devastante sulla loro psiche.
Gli effetti dello stress post-traumatico si vedranno in futuro, per chi avrà la fortuna di sopravvivere a questa onda anomala di barbarie impunita che ha investito la Palestina. Per adesso, i bambini sembrano persino sereni, pur nell'immensa catastrofe che stanno vivendo.
La società di Gaza è sana, solidale ed inclusiva. Nessuno resta solo, mai. L'intera comunità si fa carico di ciascuno. Ma si tratta di una comunità devastata, attraversata da ogni forma di dolore ed afflizione, a cui sono state inflitte punizioni da assedio medievale nel silenzio-assenso della famigerata comunità internazionale e, per forza di cose, è una comunità con le ali tarpate. Offesa. Però viva, vitale e votata al bene.
Durante il penultimo massacro inflittogli, nel maggio del 2021 - perché la storia di questa striscia indomita si conta in massacri, non in anni - l'allora parroco di Gaza, abuna Gabriel, disse poche, semplici parole:
"un grammo di bene pesa molto di più di un chilo di male. Ecco: ci ostiniamo a fare questo grammo di bene, ogni giorno. I frutti arriveranno.” .
Queste parole risuonano ancora oggi in un luogo che sarebbe spettrale se non fosse per l'estremo amore per la vita della sua popolazione, gran parte della quale è composta da bambini. Bambini dovunque. Per strada, colpiti, caduti, raccolti, seppelliti nei palazzi polverizzati dalla furia di Erode. Avvolti in minuscoli sudari bianchi. Vestiti con improbabili tute COVID, regalo della comunità internazionale che ha il sapore della farsa. In cerchio, a cantare, a ricavare scivoli nei crateri delle bombe. Talvolta ad abbattere droni con una pietra. Senza scuola, ma nelle tende, ad imparare. Per fare sorridere il cielo.
E, riecheggiando le parole di abuna Gabriel, mi vengono in mente quelle di un dolce e grande amico di quei bimbi:
"Se c’è un luogo al mondo dove più ho visto generare grammi di bene, quello è Gaza.
Se c’è un luogo del mondo dove più ho visto maturare frutti, quello è Gaza". [maggio 2024]
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