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30 aprile 2025
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Pio La Torre combatté contro la mafia e contro la base di Comiso
di Pino Maniaci

Pio La Torre aveva fatto della lotta ai poteri forti e alla mafia la sua ragione di vita. Era un sindacalista ma anche un politico attento, scrupoloso.

Nato da una famiglia di contadini in una piccola frazione di Palermo, sin da giovanissimo si impegnò nella lotta a favore dei braccianti, fino a diventare segretario provinciale della Cgil. E di agricoltura si occupò anche in parlamento quando, nel 1972, venne eletto deputato alla Camera.

Era consapevole che in Sicilia c'erano tante emergenze, una di queste minava la libertà delle persone oneste, la mafia, e bisognava occuparsene quanto prima, concretamente, direttamente dai piani alti della politica. Insieme al democristiano Rognoni, propose una legge che introduceva un nuovo articolo nel codice penale, il 416 bis: per la prima volta essere mafioso diventava un reato, come lo era quello di associazione a delinquere di stampo mafioso.

La legge prese i loro nomi, Rognoni-La Torre, e prevedeva anche la confisca dei beni ai mafiosi. Un duro colpo per le tasche dei clan, finalmente lo Stato aveva le armi per attaccare i loro ingenti patrimoni. A un mafioso puoi togliere un parente, paradossalmente pure un figlio ma se gli togli i soldi, gli togli il potere, gli togli tutto.

La lotta alla mafia si arricchiva di nuovi strumenti. Ma guardandosi intorno, La Torre aveva individuato un altro elemento che comprometteva la libertà dei siciliani perbene: la costruzione della base missilistica NATO a Comiso che, per lui, rappresentava una minaccia per la pace nel Mar Mediterraneo e per la stessa regione.

Nel 1981 quindi, dopo varie esperienze parlamentari, chiese ai vertici del PCI di riassumere la carica di segretario regionale del partito in Sicilia. E da qui provò a fermare in tutti i modi quello strapotere militare americano, prima con la raccolta di un milione di firme in calce ad una petizione al Governo e dopo con una grande manifestazione a Comiso.

Era nel bel mezzo di questo nuovo fronte di lotta quando il 30 aprile del 1982, alle nove e venti del mattino, La Torre venne assassinato. Stava raggiungendo la sede del partito a bordo di una Fiat 131 guidata da Rosario Di Salvo, quando alcuni killer alla guida di moto di grossa cilindrata cominciarono a fare fuoco. Vennero ammazzati entrambi con raffiche di proiettili, Pio La Torre morì subito, Di Salvo riuscì ad estrarre la pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere.

A ucciderli furono Giuseppe Lucchese, Nino Madonia, Salvatore Cucuzza e Pino Greco, condannati all'ergastolo, così come i mandanti dell'omicidio: i boss Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci.


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