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28 aprile 2025
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Gli ultimi colpi di coda del serpente
di Rinaldo Battaglia *

Il 27 aprile 1945, verso le 8 del mattino, almeno 70 tedeschi, tutti armati fino ai denti, irruppero nell’aia della casa Furlanetto in località Ca’ del Diavolo, a Corlanzone di Alonte, nel basso vicentino, poco lontano da Lonigo. Erano sempre gli stessi nazisti che il giorno prima avevano massacrato a Lonigo: reparti del 3° Btg. 10° Regg. della 4^ Divisione Paracadutisti comandati da Maggiore Alfred Grundmann.

Subito i soldati iniziarono a picchiare coi mitra e con calci alla testa, ai fianchi e alle gambe, i fratelli Valentino e Giuseppe Furlanetto. E davanti ai loro dieci familiari, presenti alla scena, usarono la massima violenza. Era il veleno della sconfitta che comandava. Avevano perso la guerra, oramai era certo. Per loro era impossibile accettarlo e si sfogavano su una famiglia di contadini, colpevole solo di vivere poco lontano da dove il giorno prima era stato disarmato un tedesco. Così almeno aveva detto ai suoi superiori. Il giovane Giuseppe, studente dell’ultimo anno di ragioneria, venne appiccato con una corda al raggio della porta mentre l’anziano padre lo prendeva per le gambe, cercando di salvarlo e invocando pietà in ginocchio.

Intanto venivano ferocemente percossi anche i familiari di Rino Speroniero, Antonio Fusato e suo figlio Luciano di 17 anni, tutti dipendenti da anni della famiglia Furlanetto, nella coltivazione dei campi.

Venne devastata la casa, sottratto tutto quello che si poteva sottrarre: oro, soldi, salami e sfondate le botti di vino. Dopo due ore, verso le 10, i 5 uomini furono costretti a caricarsi sulle spalle sacchi di patate rubate dai tedeschi in una fattoria lì vicino. Fatti tutti risalire la collina di Corlanzone (e qui uno dei familiari tolse il sacco dalle spalle del più giovane Furlanetto per caricarselo in aggiunta al proprio), all’interno di villa Rosa fu fatta loro scavare la fossa e successivamente vennero abbattuti con colpi di pistola a bruciapelo alla testa. Come si fa con gli animali al macello.

Il 20 dicembre 1945, in base ai rapporti stilati dai carabinieri di Lonigo, la Procura militare di Padova riunì le cinque di Corlanzone nel medesimo fascicolo delle 22 vittime della liberazione di Lonigo dei giorni 26 e 27 aprile. Ma sempre con lo stesso insuccesso: dopo l’”archiviazione provvisoria” da parte del giudice Santacroce, negli anni ’90 il fascicolo arrivò sul tavolo del procuratore militare di Padova, Sergio Dini che ne chiese l’archiviazione al GIP “al di là di ogni considerazione sulla prescrizione dei reati”.

Il 26 febbraio 1997 il GIP Massimo Bocchini decretò così il “non doversi procedere azione penale per … infondatezza del reato… La fucilazione di cinque uomini catturati in armi e in atteggiamento ostile alle forze germaniche non appare essere atto contrario ai principi di diritto bellico e quindi illecito”.

La solita legge di guerra: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Anche se è la vita di innocenti contadini, anche se nell’ultimo giro di lancette nell’orologio della sconfitta nazifascista.

Gli ultimi colpi di coda del serpente destinato a morire.

Il prezzo della libertà per salvarci dal nazifascismo è stato il sacrificio di molti eroi e di molti martiri. Chi è antifascista li onora, chi non lo è - nei fatti - li ignora.

27 aprile 2025 – 80 anni dopo – liberamente tratto dal mio 'L'ultimo viaggio da Vò Vecchio ad Auschwitz' - Ed. AliRibelli - 2024

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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