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La nuova Liberazione
di Elisa Fontana
Mi perdonerete se oggi, ottantesimo anniversario della nostra Liberazione dalla peste purulenta nazifascista, non parlerò di quella Liberazione, quella del 1945, che pure ci ha portato aria e libertà.
Ne parleranno in tanti, sicuramente più titolati di me, alcuni con parole e concetti frutto di alto sentire, altri per pura abitudine o per dovere d’ufficio. Altri ancora “sobriamente”, come si è raccomandato il governo senza imbarazzo alcuno, come se si trovasse davanti al carnevale di Viareggio e non alla celebrazione dell’atto fondante della Repubblica, dimostrando che oltre alla grammatica istituzionale manca loro la grammatica vera e propria, se non sanno distinguere fra festeggiare e celebrare. Ma questo sarebbe il meno.
No, oggi vorrei parlare di un’altra Liberazione che, a distanza di 80 anni a me pare più urgente e stringente e ci riguarda tutti, nelle nostre vite, nei nostri diritti, nella nostra libertà.
La Liberazione di cui parlo è una Liberazione che ci riguarda come italiani, ma anche come europei ed è qui ed oggi.
Credo sia palese a tutti il restringimento dell’aria democratica che ci ha colpiti con l’insediamento di questo governo che, personalmente, non ho mai esitato a definire fascista, fin dal primo giorno. Perché fin dal primo giorno non solo non si sono rinnegati il passato e le radici fasciste, ma si è cominciata un’opera più o meno strisciante di revisionismo storico, zeppo di equiparazioni farlocche, di bande musicali di pensionati nazisti e di altre amenità simili, con lo scopo di picconare, equiparare, sbiadire, sbianchettare le fondamenta storiche della nostra Repubblica.
Tutto questo mentre per troppo tempo ci siamo trovati una opposizione e paludati commentatori che negavano assolutamente il ritorno al fascismo e chiedevano, invano ovviamente, a Meloni di dichiararsi antifascista. E mi piacerebbe sapere da tutti questi grandi commentatori che razza di valore avrebbe avuto una eventuale dichiarazione in tal senso. Che ovviamente non è mai arrivata, perché non puoi negare quel che sei. Eppure abbiamo passato mesi immersi in questa stucchevole diatriba. E nel frattempo il governo operava alacremente e si impegnava nello smantellamento scientifico della democrazia come l’avevamo conosciuta.
E allora via all’accoppiata vincente di Propaganda&Manette. Tutta una sfilza di reati, vecchi e nuovi, una serie di aggravanti, di sproporzioni fra reato e pena, tutto un lavorio a colpi di decreti volti a smantellare ogni parvenza di ponderatezza, umanità, aderenza alla Costituzione. E dove non arrivavano i risultati suppliva la propaganda, come nel caso di Caivano, spacciata per grande operazione di polizia e pulizia dallo spaccio, miseramente naufragata nel nulla, ma sbandierata nei tg e media amici come una grande vittoria. Gli spacciatori, trasferitisi di un centinaio di metri, sono ancora lì che sogghignano, ma il popolo applaude soddisfatto.
Poi è stata la volta di solleticare e nutrire la cattiveria del popolo sovrano, dandogli in pasto i migranti, sperperando quasi un miliardo per un campo di concentramento in Albania, ingaggiando una lotta senza quartiere non contro i giudici ma contro la Legge, cercando alleati in Europa per fermare una invasione che esiste solo nella loro propaganda. E ancora decreti per inasprire all’inverosimile pene, per dichiarare rivolta la resistenza passiva, per rendere più facile strappare i figli alle madri detenute. E altri decreti sui risarcimenti ai parenti delle vittime del crollo del ponte Morandi che discriminano fra figli nati dal matrimonio e figli nati da unioni civili o da convivenze.
Insomma una regressione sociale, culturale, di diritti, di libertà che non avevamo mai visto dopo la fine della 2^ Guerra mondiale. Per questo parlo della necessità e della consapevolezza di una nuova Liberazione, perché adesso dovremmo avere ben chiaro il bivio davanti a noi: o ripiegarci rassegnati davanti a questa onda maleodorante, o dimostrare con i fatti che la lezione di libertà che i nostri partigiani ci hanno dato a costo della vita non è stata data invano, perché la Liberazione è ogni giorno, non solo il 25 aprile, come colpevolmente abbiamo fatto per troppi anni.
A noi la scelta e la responsabilità storica, perché nessuno domani possa dire “io non sapevo”.
 
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