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Suprematismo sul palco
di
Mario Cosenza *
«Questa parola “Cultura” dovrebbe finire qui, perché non so come sia, a parte qualche intellettuale in America. Dovrebbe essere nostra, e basta. Certamente è nostra, la cultura. Loro non sanno cosa sia. Noi abbiamo l’obbligo pacifista di far vedere agli altri che possiamo difenderci coi denti».
Che una persona che anche è stata intelligente o ha scritto belle cose come Roberto Vecchioni ieri dal palco della "pace" dicesse, applaudito, questa robe suprematiste che neanche Musk e Trump insieme avrebbero formulato è segno davvero di un collasso intellettuale epocale.
Non che sia un personaggio di riferimento o sommamente intelligente - ma proprio per questo si presta a rappresentare il senso comune di tale ambiente, ormai preda di suprematismo e razzismo culturale aberranti.
Che per difendere la grande cultura europea si debba affossare la cultura statunitense (ne sono il primo grande critico ma dire che essa ha offerto giusto "qualche intellettuale" è roba risibile), quella russa, araba, cinese, africane, indiana, beh, è segno di un nichilismo suprematista ormai irredimibile.
Bisogna prendere atto che non c'è più comunicazione possibile con certo humus culturale.
La "cultura è nostra": ed è subito invasione di Etiopia ed Eritrea. In nome della pace, s'intende.
* Ricercatore di filosofia morale
 
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