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Rutte disarmato davanti a Trump
di
Paolo Mossetti
Una scena che definire umiliante è poco, e che bisogna guardare per capire. Capire come le critiche alla NATO, presenti nella nostra società, non vadano liquidate con sciatteria come «putinismo». O come rimasugli del comunismo trinariciuto novecentesco.
Siamo di nuovo nello Studio Ovale, luogo che Trump usa per stringere più violentemente a sé gli alleati, piuttosto che per minacciare i nemici. Trump adesso parla senza mezzi termini di annettere il Canada e la Groenlandia (entrambi membri della NATO).
Che ci fa lì Mark Rutte, il segretario dell'alleanza che ci consigliava di tagliare la spesa sociale per riarmarci se non volevamo dover imparare il russo?
Rutte non solo non obietta, ma asseconda il capo della Casa Bianca. Quando Trump suggerisce che la NATO "potrebbe dover essere coinvolta" nell'annessione della Groenlandia, Rutte si svincola con imbarazzo, parlando del nemico cinese e dei nostri rompighiaccio, pur essendo teoricamente la minaccia di Trump uno dei momenti per applicare il famoso art. 5.
Le mie non sono semplificazioni populiste, non sono semplificazioni volgari alla Travaglio, semmai moniti per non lasciare critiche e dubbi al mondo antisistema. Quando Trump allude alla possibilità per gli Stati Uniti di aumentare la presenza di soldati e basi sull'isola, per occuparla, Rutte resta di nuovo in silenzio. Lo stesso avviene quando Trump parla di prendersi il Canada.
È un episodio che rivela la natura imperialistica e squilibrata dell'alleanza, contro decenni di retorica vuota sul volemose tutti bene, siamo tutti alla paro: un'alleanza che le élite del giornalismo e della politica, pretendendo che la gente comune dimentichi gli ultimi vent'anni, descrivono come esclusivamente difensiva, ma che in questo scambio ci viene mostrata come imbelle di fronte alle ambizioni del suo membro egemone. Anche a discapito degli stessi alleati.
Una NATO che viene presentata al liberista e antisocialista Rutte, e al mondo, come un nuovo Patto di Varsavia.
 
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