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Israele: leggi per punire CPI e chi non accetta narrativa sul 7 ottobre
di
Mauro W. Giannini
Gli imprenditori che voglio fare affari con Israele dovranno mostrarsi concorsi con la versione di Tel Aviv di quello che viene definito l'Olocausto del 7 ottobre.
E' una delle conseguenze della nuova legge che vieta l’ingresso nel paese di cittadini non israeliani se loro o le organizzazioni che rappresentano hanno negato l’attacco del 7 ottobre o l’Olocausto, o “hanno sostenuto il procedimento giudiziario internazionale” contro i soldati israeliani.
Secondo il Times of Israel, la legge, approvata in terza e ultima lettura dal plenum della Knesset estende un emendamento ratificato nel 2017 “che vietava il rilascio di visti e permessi di soggiorno di qualsiasi tipo a non cittadini o residenti non permanenti in Israele se loro o la loro organizzazione affiliata chiedevano il boicottaggio di Israele”, osserva il rapporto Haaretz.
Nella relazione del progetto di legge si afferma che il suo scopo è “rafforzare gli strumenti a disposizione dello Stato per contrastare elementi ostili che operano dall’interno o dall’esterno del territorio controllato da Israele, che cercano di danneggiare lo Stato, i suoi cittadini, i suoi funzionari, la sua sicurezza, le sue relazioni estere e i suoi legami commerciali”.
Inoltre, ha affermato che “gli strumenti legali attualmente disponibili sono limitati e insufficienti per affrontare ulteriori azioni ostili”, ha riferito Haaretz.
Il deputato di Nuova speranza Mishel Buskila, che ha sponsorizzato la norma, avrebbe affermato che “Israele, come qualsiasi altro paese al mondo, deve difendere se stesso, i suoi cittadini, i suoi soldati e l’identità nazionale”.
“Coloro che tentano di minare la nostra stessa esistenza, negano gli orrori del passato o danneggiano i nostri soldati e cittadini, non hanno posto tra noi”, ha detto Bushkila al Times of Israel.
Haaretz ha affermato che mercoledì è stata approvata anche una lettura preliminare di un disegno di legge che impedisce “ai cittadini, alle autorità e agli enti pubblici di ‘cooperare con’” la Corte penale internazionale dell’Aia.
La proposta stabiliva che chiunque “fornisse servizi al tribunale dell’Aia o mettesse a sua disposizione risorse” rischiava fino a cinque anni di carcere a meno che non “dimostrasse di non essere a conoscenza del fatto che le sue azioni erano finalizzate alle attività del tribunale”.
Si afferma inoltre che alla Corte penale internazionale “non sarebbe consentito possedere proprietà o beni in Israele o condurre alcuna attività economica senza ottenere il permesso”.
Secondo la relazione della legge, Israele non riconosce la giurisdizione della Corte penale internazionale e le attività di quest'ultima “rappresentano una minaccia significativa per lo Stato di Israele e tutti coloro che agiscono per suo conto o al suo servizio”.
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