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Daniele Levy all'ONU pronuncia straordinario j'accuse a Israele
di
Paolo Mossetti
Non è certo un estremista di sinistra, l'ex negoziatore israeliano Daniel Levy, consigliere del pm israeliano Ehud Barak, figlio di Lord Levy che fu consigliere di Tony Blair.
Eppure è una figura critica sin dal 7 ottobre di due fenomeni che ci hanno accompagnato per decenni, acutizzati negli ultimi 16 mesi: la ripetizione a pappagallo delle verità ufficiali del governo israeliano da parte dei media occidentali, e la loro passiva razionalizzazione della rappresaglia subita da Gaza.
Al Consiglio di Sicurezza Onu, Levy ha tenuto questo discorso, ribadendo parole a lungo tabù sulla nostra stampa persino progressista. Discorso ancora più potente perché pronunciato di fronte a un ex ostaggio di Hamas, Noa Argamani:
«Un minuto di silenzio per ognuno dei bambini Bibas sarebbe appropriato, così come un minuto di silenzio per ognuno dei più di 18.000 bambini palestinesi uccisi nella devastazione di Gaza da parte di Israele. Quel silenzio durerebbe oltre 300 ore...
Quando un ambasciatore di uno stato sale sul palco delle delle Nazioni Unite con una piccola tritacarte e fa a pezzi la Carta delle Nazioni Unite, è una trovata pubblicitaria. Ma quando uno stato come Israele si comporta in modi che rendono la Carta priva di significato e viola quelle convenzioni – incluso il genocidio – le norme e le leggi che questo organismo tiene in alta considerazione, allora questa è una sfida che non può essere ignorata.
È il tipo di affronto che, decenni fa, portò alla sospensione del Sudafrica dell'apartheid dalla partecipazione attiva all'ONU...
Uno degli sviluppi più pericolosi di cui questo organismo deve occuparsi è la deriva verso un pensiero a somma zero, forse potremmo chiamarlo il campo dell'apartheid non è abbastanza', per cui la stessa presenza fisica dei palestinesi è qualcosa che una parte della politica israeliana non può tollerare...
Niente può essere più pericoloso per entrambi i popoli dell'idea che uno dei due verrà rimosso dalla sua terra.
Conosciamo le circostanze in cui molti ebrei sono arrivati in questa area, e sappiamo che in passato sono stati fatti tentativi per rimuovere i palestinesi. Nessuno dei due popoli dovrà essere sottoposto a pulizia etnica o a violenza genocida.
Il principio fondante dovrebbe essere che entrambi i popoli abbiano una casa permanente in questa terra».
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