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14 febbraio 2025
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Semiti
di Rossella Ahmad

C'è un antico villaggio della Siria in cui si parla ancora l'aramaico. Il suo nome è Ma'lula, ai confini con il Libano, terra di venerati monasteri e chiese risalenti al IV secolo, le cui preghiere e canti sono recitati appunto nell'antica lingua di Gesù.

Non ne parlo a caso. L'arabo classico è discendente diretto dell'aramaico ed è la lingua moderna ad esso più affine. Le uniche due frasi in lingua aramaica riportate dai vangeli sono speculari all'arabo classico:

Talita Qum, che in arabo diventa Ta'ali Taqumi
Eli Eli lama sabaqtani, che in arabo diventa Ilahi Ilahi lima sabaqtani.

Non c'era bisogno dunque del processo culturale dell'islamizzazione - processo culturale e non biologico, ribadisco per gli incolti che ancora si ostinano a confondere i piani - per arabizzare l'aramaico, che rappresenta per i popoli del Medioriente ciò che il latino rappresenta per parte delle lingue europee. Gli antichi popoli della Palestina, del Libano, della Siria abbracciarono il cristianesimo e poi l'Islam ma vantano una storia antecedente ad entrambe le religioni e che è antica di 4000 anni e più.

In quell'area, per la ricerca storica, gli ebrei rappresentano invece un'anomalia. E questa anomalia di certo non può essere spiegata ricorrendo al concetto di "popolo", per due motivi: l'assoluta mancanza di reperti storici che possano in qualche modo ricostruirne l'esistenza prescindendo dal testo biblico e, soprattutto, la questione più anomala di tutte, la loro dispersione per il mondo dopo la distruzione del Tempio, sempre e solo secondo il libro sacro.

Un comportamento anomalo: nessun popolo si è mai allontanato dalla terra in cui abitava per una questione non fondamentale come la distruzione di un luogo di culto. Può avere un senso, invece, se parliamo di nomadismo oppure di religione. Ma il problema non si pone, essendo l'esistenza e la distruzione del tempio non dimostrabili storicamente.

E tuttavia la questione principale su cui si sono interrogato gli storici è un'altra. In quale maniera l'ebraismo si è diffuso soprattutto nell'Europa centrale e balcanica? Anche in questo caso, il concetto di popolo non riesce a spiegare la faccenda. Tutto diviene più chiaro se si analizza l'ebraismo come puro fenomeno religioso: la diffusione in Europa avvenne quindi grazie alle conversioni, la più celebre delle quali fu quella del popolo khazaro, obbligato a convertirsi dal proprio sovrano e da cui ebbe origine l'ebraismo ashkenazita, europeo per antonomasia.

Nessun legame di alcun genere né con la Palestina né con il Medioriente, ovviamente. Nei commenti, a tal proposito, inserisco alcuni links a mio avviso molto importanti. È la storia che parla, per bocca di ricercatori e studiosi delle università di Harvard e di Oxford. Chi conosca l'inglese, avrà di che leggere e, ovviamente, si tratta di compendi di ricerche molto serie, effettuate su DNA e su confronti incrociati spazio-temporali.

Ed è proprio l'ebraismo ashkenazita che ha rivendicato la propria appartenenza alla Palestina - appartenenza del tutto falsa dal punto di vista storico ed etnico, come abbiamo visto e completamente fuori dal mondo se si considera la pretesa da un punto di vista logico e razionale. Credere di poter redistribuire le persone sul pianeta terra in base a ciò che avvenne 3000 anni fa non è solo folle. È ridicolo, come asserì Noam Chomsky.

Gli studi genetici della John Hopkins mostrano che il DNA del 97,5% degli ebrei che vivono in Israele non ha nulla in comune con il DNA degli antichi ebrei. Non sono quindi semiti e non hanno ovviamente alcun legame "di sangue" con la Palestina.

Al contrario, l'80% dei palestinesi possiede quei caratteri genetici che sanciscono la loro indefettibile appartenenza al territorio in cui hanno vissuto per 4000 anni.

Se proprio vogliamo parlare di popolo, questo è senza dubbio riferibile agli ashkenaziti europei, resisi tale a causa della loro estrema chiusura ed impermeabilità verso l'esterno - isolamento durato diversi secoli.

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