 |
Fa gola il gas al largo di Gaza
di
Rossella Ahmad
La questione dei giacimenti di gas scoperti al largo della costa di Gaza aveva sortito poco interesse da parte mia lo scorso anno, vi dico la verità. Ne avevo scritto, certo, indignata dalla prospettiva di affari milionari che le compagnie internazionali già pianificavano, del tutto disinteressate al fiume di sangue innocente che strabordava da Gaza.
Per come la vedevo io, la questione del gas non era prioritaria rispetto al desiderio di conquista di terra palestinese da parte di Israele. L'avidità di terra è sempre stata per me la questione fondamentale alla base di ogni azione israeliana: i senza terra vogliono terre, tante, possibilmente tutte, e le vogliono libere dalla presenza dei nativi.
Quella questione, tuttavia, assume un ruolo sinistro oggi, alla luce di ciò che accade negli Stati Uniti e nelle decadenti classi politiche dell'Europa. Ed il cerchio diventa improvvisamente quadrato. È certo che israele abbia fatto leva sulla prospettiva di allettanti ritorni economici per ottenere il sostegno alla sua azione di sterminio a Gaza da parte delle élite politiche e finanziarie globali, ma la questione del gas, così come quella della inestinguibile sete di terre arabe, non è sufficiente a spiegare le motivazioni profonde dello stato coloniale. Per farlo, bisognerà tuffarsi di testa nell'ideologia sionista ed essere pronti ad un disturbante viaggio nell'esoterismo. Ma di questo ne parleremo altrove.
Ad ogni modo, un anno fa le mie considerazioni erano le seguenti:
"Sognavano il genocidio con saccheggio finale. Come quelli in uso durante il medioevo, quando i lanzichenecchi cingevano d'assedio, sfasciavano tutto e depredavano. In parte lo hanno già fatto, dai bravi ladruncoli che sono: abbiamo visto tutti i video degli oggetti d'oro trafugati dalle case palestinesi distrutte ed offerti alle proprie donne in tempo reale, senza vergogna.
Abbiamo saputo della cifra enorme di denaro sottratto ai bancomat di Gaza, il che non è una novità. È una pratica diffusissima anche in Cisgiordania, dove le case palestinesi sottoposte alle incursioni notturne dei militari d'occupazione vengono normalmente depredate di tutti gli oggetti di valore.
Ora però intendevano fare il colpo grosso e mettere le zampe sul giacimento di gas naturale scoperto al largo della costa di Gaza - 30 miliardi di metri cubi per un introito medio calcolato dagli economisti di 800 milioni di dollari l'anno. Avevano offerto le concessioni all'Eni e ad altre compagnie petrolifere già lo scorso 29 ottobre, a genocidio appena iniziato.
Ed è di ieri la notizia che le suddette compagnie hanno ricevuto una lettera di diffida dello studio legale Foley Hoag LLP di Boston su mandato dei gruppi palestinesi per i diritti umani, i quali ammoniscono sulla illegittimità delle concessioni.
"Il saccheggio è un crimine di guerra", avvisano i legali, mettendo in guardia tutti i partecipanti all'appalto sulla violazione grave del diritto internazionale umanitario e consuetudinario rappresentata dagli atti di razzia delle risorse naturali del popolo palestinese sovrano. Il riferimento è all'azione della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja, che mette a rischio tutti coloro che a vario titolo partecipino al genocidio ed al saccheggio del popolo palestinese.
Volevano unire l'utile - lo sfoltimento drastico della popolazione di Gaza - al dilettevole - la depredazione delle risorse gazawi. I palestinesi li conoscono bene e sono corsi ai ripari, proteggendo tutto ciò che è possibile dal furto con scasso di questi criminali. Persino le tradizioni palestinesi sono state messe al sicuro dalle apposite agenzie ONU.
C'è ancora un crimine di cui non si siano macchiati questi lanzichenecchi ed i loro complici?"
VAI A TUTTE LE NOTIZIE SU GAZA
 
Dossier
diritti
|
|