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Il viaggio di Marina
di
Rinaldo Battaglia *
Sul crimine orrendo della Shoah, per la mia terra vicentina una nota particolare merita il responsabile di una squadra di Carabinieri, il ‘seniore’ Silvio Toniolo, originario di Schio, che coi suoi uomini rastrellò nell'Alto Vicentino e segregò nella Colonia Alpina Umberto I° di Tonezza del Cimone, iniziando già dal 10 dicembre ’43, un gruppo di 45 inermi ebrei.
Come bene scrisse anche il nostro storico, Ugo De Grandis (in "Elemento pericoloso. Inquisizione e deportazione politica nella Schio di Salò (1943-1945)" - ed. Centrostampaschio, Schio - 2014), dopo che tre membri della famiglia Landaman, vennero esclusi in quanto di "sangue misto", i restanti 42 vennero trasferiti a Milano e aggregati il 30 gennaio 1944 al 6° trasporto per Auschwitz, in partenza dal purtroppo solito 'binario 21’. E nessuno di quei 42 vi fece più ritorno. Vennero tutti gasati già il 6 febbraio al loro arrivo nel lager dei lager.
Tra questi Marina (Marina Eskenasi) di soli 2 anni e mezzo. E al solo pensarlo si sta male.
Da buon fascista Silvio Toniolo venne poi promosso tenente colonnello e trasferito sempre nel mia terra vicentina a Camisano. Sarà per qualche tempo il Reggente del Fascio repubblichino e sempre per meriti sul campo promosso a capo della Compagnia Protezione Impianti in servizio alla Questura di Vicenza.
Dio volle che a guerra finita fosse denunciato da alcuni familiari di partigiani rastrellati e morti a Mauthausen e per esser stato in prima linea coi fascisti di Schio che, per almeno 20 mesi, terrorizzarono tutto l'Alto Vicentino macchiandosi "della più turpe attività con perquisizioni, arresti, sevizie, rastrellamenti, saccheggi, distruzioni; questi stessi che quando non poterono agire direttamente si sono valsi dell’arma abbietta della delazione al Tedesco invasore, per mandare i nostri migliori in Germania, al lavoro o nei tristi campi della morte” (cfr. Ugo De Grandis).
Da buon fascista, non essendo potuto scappare verso la Svizzera magari vestito da soldato tedesco, si rese latitante. Venne tuttavia ricercato con l'accusa di 'collaborazionismo' coi nazisti (a Vicenza la CAS - Corte d’Assise Straordinaria - aprì ben due inchieste).
E sebbene inserito nell’elenco dei fascisti locali come “criminale latitante” per avere “compiuto atti di gravità particolare contrari alle norme di attitudine e di probità politica, cooperando attivamente per la repressione del movimento di resistenza”, riuscì nonostante tutto a non passare nemmeno un giorno e nemmeno un'ora in carcere. Saltò fuori solo dopo l'amnistia Togliatti, vivo e vegeto. Nessuno potè più fargli nulla, legalmente era apposto, sanato, purificato, salvato da ogni processo terreno.
Altra puntata del film horror 'chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato'.
Solo Dio, alla sua morte nel 1975, avrà avuto il potere di giudicare i suoi crimini verso gli ebrei uccisi ad Auschwitz e verso i civili vicentini. E la piccola Marina, fermatasi ai suoi due anni e mezzo, non sarà stata esclusa.
Durante la Grande Guerra, nella prima battaglia della Marna che si concluse il 12 settembre 1914 con la vittoria anglo/francese sui tedeschi, tra i primi a morire nella piana di Villeroy, già il 5 ottobre, vi fu anche Charles Péguy, già allora – aveva 41 anni – poeta famoso e noto al pubblico di Francia. Lasciò, tra le altre, una poesia di struggente verità, nata tra i massacri di quei giorni e la necessità che il ricordo di chi moriva in guerra fosse sempre presente nella vita dei propri cari, per dare loro aiuto e conforto, sempre vicino nell’altro lato della strada, sempre vivo come se fosse solo seduto nella stanza a fianco.
Era la sua eredità: ‘io sono solo andato nella stanza accanto’.
Se mi guardo attorno, io figlio della generazione che aveva combattuto e sofferto la guerra ma quella successiva, e analizzo la realtà - anche senza arrivare con lo sguardo fino alla terra martoriata di Ucraina e del Medio Oriente- con amarezza, osservo che in Italia abbiamo perso la memoria di quelle atroci sofferenze. I martiri andati nella stanza accanto sono stati dimenticati e forse la porta d’accesso chiusa a doppia mandata. Abbiamo dimenticato e cancellato, parificato e condonato il passato, gli errori di quel passato, e oramai addirittura beatificato i carnefici a danno delle vittime.
Le amnistie dal 1946, e tutte quelle dopo, ne sono state una prova cocente.
Le vie o le piazze ai vari istigatori e fautori della Shoah italiana e del razzismo fascista, sono pugnalate alla nostra coscienza.
E ancora come un ‘refrain’ nel vuoto ritorna, inevitabilmente, la solita domanda: dove abbiamo davvero sbagliato in Italia? In cosa sono stati diversi i nostri destini post-guerra con quello della Germania? Che ruolo ha avuto e ha oggi quindi la 'memoria storica'?
C'è un film capolavoro del 2008 diretto da Stephen Daldry, tratto liberamente dal romanzo di Bernhard Schlink del 1995 “A voce alta - The Reader (Der Vorleser)” di cui ne recupera peraltro il titolo, una frase che mi ha sempre fatto ragionare. Sin da subito e maturando ancora di più. E’ il momento in cui durante una lezione di giurisprudenza all'Università di Heidelberg, nel 1966, il Professor Rohl, spiega agli allievi, tra i quali il protagonista Ralph Fiennes, la differenza tra il senso del 'legale' e della morale, tra il ‘lecito’ e il ‘giusto’ e senza mezzi termini dice:
“Le società pensano di agire secondo una cosa chiamata morale, ma non è così”.
E il professore spiegò che nella Germania di Hitler e nell’Italia di Mussolini il razzismo era legale, erano legali i lager, la stessa Shoah. E quelle leggi erano frutto degli interessi economici, della ricerca del potere, del potere inteso come motivo esclusivo di usarlo a proprio favore. Il discorso sottintendeva la necessità che in ogni struttura, in ogni Stato, si debba costantemente e assiduamente fare attenzione affinchè nessuno acquisisca troppo potere perché poi la legge, la legalità, la democrazia ne risentiranno inevitabilmente. Parlava del nazismo di Hitler, sottintendeva il nostro fascismo, prevedeva gli inevitabile rigurgiti del post-nazismo e del post-fascismo. Nel film si era al 1966.
E oggi, dopo 80 anni dagli anni della nostra Shoah, che cosa ci rimane? Oggi 81 anni dell’azione fascista di Tonezza del Cimone cosa ci resta? Degli occhi di Marina di soli 2 anni e mezzo e ‘nemica’ per il fascismo cosa ci rimane?
Abbiamo dimenticato e purificato i crimini del fascismo di casa nostra.
Ognuno può scegliere la propria analisi in base alla propria scienza, conoscenza e coscienza.
'Io sono solo andato nella stanza accanto' - diceva Charles Péguy ai suoi cari - non sono morto, sono qui vivo, finchè voi mi considererete tale.
Come il nostro fascismo. Sì, come il nostro fascismo. Il fascismo non è mai morto, resta ancora vivo, costantemente pronto ed in attesa, aspetta solo che quanto prima a morire sia la memoria.
“Che il mio nome sia usato in casa come lo è sempre stato.
Senza alcuna enfasi, senza alcuna ombra di tristezza.
Il filo non è spezzato.
Io non sono lontano, sono solo dall’altro lato del cammino”...
31 gennaio 2025 – 81 anni dalla partenza di Marina Eskenasi verso Auschwitz – liberamente tratto dal mio 'L'ultimo viaggio da Vò Vecchio ad Auschwitz' - Ed. AliRibelli - 2024
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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