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Rabbino Di Segni critica duramente il Papa
di
Paolo Mossetti
Parole sempre più gravi, e sempre più sventatamente insensibili da parte del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, contro il Papa: «Ha rovinato i rapporti con gli ebrei... La condanna della guerra quando è monolaterale e monotematica è sospetta. Un Pontefice non può dividere il mondo in figli e figliastri. E dunque deve denunciare le sofferenze di tutti», ha detto Di Segni, ospitato dalla Pontificia Università lateranense alla vigilia della XXXVI giornata del dialogo tra Chiesa cattolica i ed ebraismo, si legge su Il Foglio.
Ha incolpato il papa per l’episodio del Bambin Gesù poggiato su una kefiah nel presepe del Vaticano. «Ha generato critiche dal punto di vista politico, perché si trattava di una scelta di campo pro Pal. Ma anche di natura religiosa, perché spogliava il cristianesimo delle sue origini ebraiche», ha continuato Di Segni. Il presepe era di artigiani di Betlemme (verosimilmente cristiani) che l'hanno regalato al papa. In che senso il Papa avrebbe messo la kefiah nella culla del bambinello? In che senso sostiene i pro-Pal?
«Questo è un momento nel quale sembra che la chiesa, o una parte della chiesa, stia cedendo di nuovo alla tentazione di tagliare i ponti con l’ebraismo... le accuse contro Israele hanno fatto leva su sentimenti antiebraici mai sopiti. Il vocabolario è stato funzionale alla demonizzazione e al ribaltamento del senso di colpa per il genocidio, con parole proprie di una tradizione millenaria: la crudeltà degli ebrei, la volontà di vendetta, l’attacco ai bambini... [ha] fatto da cassa di risonanza e avallo morale alla condanna di Israele... Sappiamo che ogni giorno è al telefono con il parroco di Gaza. Quante telefonate ha fatto in Sudan, Siria, Etiopia, Congo, Yemen? Quante volte ne ha parlato? Non lo sappiamo. Però sappiamo che con l’appoggio mediatico della Chiesa Israele è tornata sul banco degli imputati”.
Un intervento di una tale aggressività che prendendo la parola dopo di lui Monsignor Marco Gnavi, responsabile dell’Ufficio per l’ecumenismo, ha scelto di respingerne le parole, senza farsi intimidire. «Comprendo tutto il dolore che è quello della Comunità ebraica, che parla con molte voci. Sono allergico a ogni forma di antisemitismo ma non credo che possiamo trarre conclusioni così estensive. Quarantamila vittime richiedono uno scatto di reni. Non potete chiederci di soffrire con voi e non con gli altri».
La tensione è stata tale, riporta il quotidiano, che si è scelto di non far intervenire le prime voci che si levavano dal pubblico.
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