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Tregua imminente. Ma dopo?
di
Leandro Leggeri
Le recenti indiscrezioni provenienti da mediatori egiziani e qatarioti suggeriscono che un cessate il fuoco tra Israele e Hamas potrebbe essere ormai imminente. Questo sviluppo, che si intreccia con l’imminente insediamento del presidente eletto Donald Trump, riflette sia le pressioni internazionali che le mutevoli dinamiche militari e politiche della regione. Tuttavia, la strada verso una tregua definitiva è irta di ostacoli e rischi, rendendo ogni accordo fragile e temporaneo.
L’accordo, mediato principalmente da Qatar ed Egitto, mira a stabilire condizioni di vita minime per la popolazione palestinese, consentendo l’avvio della ricostruzione di Gaza. Tuttavia, l’affidabilità di Israele nell’attuazione delle condizioni di una tregua rimane una questione controversa, aggravata dall’opposizione dell’estrema destra israeliana. Figure politiche come il ministro delle Finanze Smotrich hanno definito il possibile accordo una “catastrofe per la sicurezza dello Stato di Israele”, minacciando di far cadere l’esecutivo guidato da Netanyahu.
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, Hamas ha dimostrato una straordinaria capacità di riorganizzarsi sotto la guida di Mohammed Sinwar, fratello del defunto leader Yahya Sinwar. Soprannominato “Ombra”, Mohammed sta gestendo la rapida ricostruzione dell’organizzazione, nonostante i pesanti colpi subiti durante una campagna militare israeliana di 15 mesi. Questa ricostruzione include il reclutamento di migliaia di nuovi combattenti e l'uso di ordigni inesplosi per creare dispositivi improvvisati.
Il generale israeliano Amir Avivi ha sottolineato che “il ritmo con cui Hamas si sta ricostruendo è superiore al ritmo con cui l’IDF lo sta eliminando”. Gli ultimi giorni hanno visto un'intensificazione degli attacchi contro Israele, con perdite significative per l’esercito israeliano.
Dopo quindici mesi di guerra, la società israeliana appare sempre più provata, non solo economicamente, ma anche psicologicamente, con un crescente senso di frustrazione per un conflitto che sembra non avere fine. Questo stress collettivo si riflette non solo nelle richieste di tregua da parte di molti cittadini, ma anche nel riconoscimento che, militarmente, è ormai difficile ottenere risultati significativi oltre quelli già raggiunti.
Nel frattempo, vecchie e nuove priorità strategiche stanno emergendo per Israele. In particolare, la situazione in Cisgiordania si sta deteriorando rapidamente, assumendo sempre più i contorni di una vera e propria guerra. Questa regione, centrale nelle ambizioni territoriali israeliane, rappresenta un terreno di crescente conflittualità, con scontri quotidiani tra coloni, forze israeliane e palestinesi. Parallelamente, la pressione internazionale e le sfide diplomatiche, come il ruolo crescente dell'Iran e i rapporti con gli Stati Uniti, rendono il prolungarsi del conflitto a Gaza sempre più insostenibile.
In questo contesto, appare chiaro che la leadership israeliana, pur continuando a perseguire i propri obiettivi strategici, potrebbe essere costretta a rivedere le proprie priorità per far fronte alle tensioni interne e alle sfide regionali. La guerra a Gaza, seppur devastante per Hamas, non ha portato la sicurezza sperata, e i costi sociali ed economici potrebbero spingere verso una tregua più solida, anche se temporanea.
La comunità internazionale, in particolare gli Stati Uniti, potrebbe avere un ruolo cruciale nel garantire la sostenibilità dell’accordo. L’arrivo di Trump alla Casa Bianca, accompagnato da un rinnovato interesse strategico nella regione, potrebbe portare a un maggiore coinvolgimento diplomatico. Tuttavia, rimangono molte incognite, tra cui il rischio di un’escalation in Cisgiordania o nel sud della Siria, dove le tensioni tra Israele e i suoi avversari regionali sono in costante aumento.
Nonostante le speranze, ogni accordo appare destinato a rimanere precario. Entrambe le parti sembrano consapevoli che un cessate il fuoco non rappresenta la fine del conflitto, ma solo una sospensione temporanea delle ostilità.
Mentre Gaza continua a soffrire per una devastante crisi umanitaria, con milioni di persone sfollate e infrastrutture distrutte, il futuro della regione rimane incerto, legato a doppio filo alle mutevoli dinamiche di potere e alla capacità della diplomazia internazionale di sostenere la pace.
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