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13 gennaio 2025
tutti gli speciali

"Colpiremo ovunque con tutta la nostra forza"
di Rossella Ahmad

Nella giornata dell'11 e poi del 12 gennaio dell'anno scorso si tennero le prime udienze pubbliche del procedimento contro israele intentato dal Sudafrica per porre fine alle uccisioni di massa nella striscia di Gaza. Le ascoltai con il cuore in gola, commuovendomi della stessa commozione di cui diedero prova gli avvocati dell'accusa.

Ricordo ancora le parole di una sionista, in quel giorno storico: "Fidati, avete perso". Il seguito dimostrò che non noi avevamo perso, ma loro.

La Corte dell'Aja dichiarò che le azioni di Israele a Gaza non solo erano plausibili con il genocidio, ma addirittura ne erano un caso da manuale.

Non soltanto per il numero spropositato di vittime o per il livello parossistico di crudeltà con cui esso è stato perseguito. Soprattutto per la cornice di estrema illegalità entro cui si è realizzato, prima, durante e dopo. Un dopo che continua ancora oggi, ad un anno di distanza dal primo pronunciamento.

Credo che vi siano genocidi che neanche si accompagnano ad azioni violente immediatamente riconoscibili come tali. Mi spiego meglio. Ho gettato l'occhio ieri sera su un video messo in onda da al-Jazeera ed è stato come guardare all' interno di una voragine infernale. Nessuna scena di morte, né di cadaveri calpestati da jeep militari, né di neonati ridotti in poltiglia sanguinolenta.

Il video mostrava invece una situazione positiva, in cui migliaia di egiziani al confine con Rafah cercavano di fare arrivare ai gazawiti alimenti, acqua e corrente elettrica. Ma è stato come ricevere un pugno in piena faccia, perché al di là del confine era visibile una gigantesca struttura metallica, un mostro di ferro, sensori elettronici e cemento.

La parete della prigione in cui sono incarcerati i palestinesi. È un'immagine surreale che dà bene l'idea di cosa sia diventata la Palestina per mano di questi malati mentali. Ed è questa la cornice di illegalità in cui si è consumato il genocidio: un popolo incarcerato, la cui vita è limitata da strutture diaboliche di contenimento, controllo e repressione in ogni minuto della sua esistenza.

La distruzione dell' ambiente e delle prospettive di vita e libertà finalizzate all' allontanamento di una popolazione dal suo territorio per impossibilità oggettiva a sopravvivere è anch'essa genocidio.

Il linguaggio utilizzato dai colonizzatori è genocida. E sono stati così stupidi e violenti e sicuri della propria impunità da non mettere un freno alle loro esternazioni, non per pudore che è cosa sconosciuta da quelle parti, ma almeno per semplice prudenza e personale cautela. E le ripropongo qui, a scanso di equivoci, affinché sia ben chiaro a tutti quale fosse l'intento di costoro. Intenti genocidi, che hanno esposto senza fare una piega.

Isaac Herzog, presidente dello stato, di ascendenze irlandesi, russe, lituane e polacche: "È un'intera nazione ad essere responsabile" Ariel Kallner, membro del Parlamento, di ascendenze mittleuropee: "Un solo obiettivo, Nakba. Una Nakba che deve oscurare quella del 1948. Nakba a Gaza e per chiunque non sia d'accordo".

Yoav Gallant, di ascendenza polacca: "Verranno tagliate forniture elettriche, carburante e cibo. Stiamo combattendo contro animali umani e così ci comporteremo",

Itamar Ben Gvir, di ascendenza irachena: "L'unica cosa che entrerà a Gaza sono tonnellate di esplosivo da parte della nostra aviazione e neanche un grammo di aiuti umanitari".

Benjamin Mileikowsky alias Netanyahu, di ascendenza polacca: "La trasformeremo in polvere. Dico alla gente di Gaza: andate via spontaneamente perché colpiremo ovunque con tutta la nostra forza".

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