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Analfabetismo emotivo
di
Alessandro Ferretti
L’orrendo e criminale accanimento contro l’ospedale Kamal Adwan nel nord della Striscia oggetto di pulizia etnica continua incessantemente ad aumentare. Mai nella storia del mondo, neanche durante i periodi più bui, un luogo votato alla cura di bisognosi è stato deliberatamente, spietatamente, follemente devastato davanti agli occhi del mondo intero come sta facendo Israele contro la struttura diretta da Hossam Abu Safia.
Giusto tre giorni fa, Israele aveva concesso all’OMS di rifornire l’ospedale con carburante e buste di sangue, ma anche in presenza della missione di rifornimento l’esercito occupante ha continuato a bombardare l’ospedale e i suoi immediati dintorni.
L’altro ieri, appena la missione ha lasciato l’ospedale, Israele ha per l’ennesima volta gettato la maschera aprendo massicciamente il fuoco contro l’ospedale con ogni arma, cecchini inclusi, distruggendo completamente un generatore, bersagliando il serbatoio di carburante appena rifornito e intimando l’immediata e totale evacuazione di tutti i presenti nell’ospedale. L’ultima volta che ciò è successo, Israele rispose al rifiuto dei medici ammazzando il figlio quindicenne del direttore.
In queste ore nell’ospedale ci sono centinaia di persone terrorizzate fino al midollo dalle continue esplosioni, tra cui oltre 80 pazienti che includono bimbi neonati e bisognosi di terapia intensiva. Nell’ospedale non c’è neanche un’ambulanza, quindi l’evacuazione dovrebbe avvenire a piedi in mezzo alle bombe e senza neanche la concessione di un corridoio umanitario: un’impresa semplicemente impossibile.
Anche ieri, dopo oltre 70 giorni di assedio, il direttore Abu Safia invoca il rispetto della convenzione di Ginevra e chiede che la comunità internazionale fermi i crimini israeliani, ma non serve a nulla: nessuno tra chi potrebbe porre fine a questa follia si è mosso concretamente, nonostante tonnellate di prove inequivocabili dell’intento e della pratica genocidaria in corso.
I governi degli alleati di Israele non sono però i soli complici: a rendere possibili le stragi sadiche quotidianamente perpetrate da quasi 500 giorni sono anche i silenzi assordanti della grande maggioranza delle classi colte, che non si danno neanche la pena di spendere mezza parola di denuncia di queste atrocità.
Persone che credono che i titoli di studio conferiscano loro patenti di superiorità umana, che imputano i problemi del mondo agli ultimi della scala sociale, che si scagliano contro il suffragio universale e l’analfabetismo funzionale dimostrano così il loro completo analfabetismo emotivo.
Il disinteresse per le violenze inaudite subite dai palestinesi è così totale da far pensare a persone menomate da una lobotomia.
Bisognerebbe farsi molte domande per capire come mai tra i primi della classe di un sistema di istruzione che si vorrebbe emancipatorio ci sono così tante persone prive dei requisiti morali minimi per qualificarle come umane.
In un mondo ideologicamente votato a massimizzare potere e ricchezza individuale di chi già ne detiene troppa, l’istruzione non solo non è un argine ma fatalmente tende a legittimare e rinforzare un sistema che premia il sapere acritico e autoreferenziale, finalizzato a produrre individui tanto disciplinati e funzionali al sistema quanto avulsi dal resto della società.
Non si sa per quante ore o per quanti giorni si protrarrà ancora il martirio del Kamal Adwan, non sappiamo quali abissi di ferocia attendano gli sventurati bersagliati in modo impersonale da robot assassini ultratecnologici sviluppati in università pienamente asservite alla legge del più forte.
Quello che già da ora sappiamo è che la vergogna di chi ha taciuto e continua a tacere di fronte a tutto questo, fingendo spudoratamente di non sapere e non capire, non si estinguerà mai. Se esiste un futuro per l’umanità, allora è certo che il marchio dell’infamia rimarrà indelebile sulle loro fronti e il loro deliberato tradimento dei principi primi della convivenza e della solidarietà avrà un posto speciale tra le pagine più nere della storia, finché la nostra specie avrà vita.
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