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Israele e l'arma nucleare: rivelazioni in documenti USA declassificati
di
Gabriella Mira Marq
Israele era molto vicino a produrre armi nucleari e gli USA lo sapevano già dagli anni '60.
Lo rivelano documenti declassificati tratti dall'Archivio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti.
L'Archivio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, fondato nel 1985 da giornalisti e accademici, ha pubblicato una nuova raccolta di documenti che fanno luce sul programma nucleare israeliano.
Tra questi documenti c'è un rapporto del dicembre 1960 della Commissione per l'energia atomica (AEC), descritto come "il primo e unico rapporto conosciuto che afferma correttamente e inequivocabilmente che il progetto israeliano Dimona includerebbe un impianto di ritrattamento del plutonio e sarebbe collegato a un programma di armi", secondo l'archivio.
Tuttavia, i successivi servizi segreti statunitensi rimasero incerti sulle attività di ritrattamento di Israele fino alla fine degli anni ’60, quando Israele raggiunse la soglia della capacità di possedere armi nucleari. In questo periodo, secondo quanto riferito, fu raggiunta un'intesa segreta tra Israele e gli Stati Uniti, riconoscendo lo status di "Israele" come entità nucleare non dichiarata.
Nel 1967, le prove suggerivano che l'impianto di ritrattamento di Dimona era completo o quasi, e il reattore funzionava a piena capacità. Questo progresso significa che “Israele” potrebbe potenzialmente produrre un’arma nucleare entro “sei-otto settimane”, osserva il rapporto. Nel decennio successivo, secondo documenti declassificati, gli Stati Uniti sembravano essersi adattati alla realtà del potenziale delle armi nucleari di Israele.
Un libro inchiesta appena pubblicato, intitolato "1960 Intelligence Report Said Israeli Nuclear Site Was for Weapons", espone rivelazioni scioccanti sulla precoce consapevolezza da parte del governo degli Stati Uniti del programma di armi nucleari israeliano.
I 20 documenti declassificati, che includono rapporti di intelligence e scambi diplomatici, rivelano che gli Stati Uniti nutrivano serie preoccupazioni riguardo alle attività nucleari segrete di Israele presso l’impianto di Dimona nel deserto di al-Naqab.
Questi documenti dipingono un quadro sorprendente di come gli Stati Uniti monitorarono i piani nucleari “israeliani” dalla fine degli anni ’50 e ’60, sapendo da sempre che Dimona era più di un semplice centro di ricerca: era il cuore dello sviluppo segreto di armi nucleari “israeliane”.
Una delle rivelazioni più significative, secondo il libro, proviene da un rapporto del dicembre 1960 del Joint Atomic Energy Intelligence Committee (JAEIC), che afferma esplicitamente che il progetto Dimona era stato progettato per la produzione di plutonio con l’obiettivo di sviluppare armi nucleari.
Un secondo documento esplosivo svela la feroce confutazione dell’allora primo ministro israeliano David Ben-Gurion alle domande degli Stati Uniti su Dimona, dove dichiarò con aria di sfida che Israele non era “un satellite dell’America”. Rifiutando qualsiasi richiesta di ispezione o supervisione internazionale, la risposta di Ben-Gurion rivela la strategia di Tel Aviv di segretezza nucleare, rifiutandosi di lasciare che un controllo esterno minacciasse il suo programma di armi segrete. All’epoca, questa risposta evidenziava gli sforzi deliberati di Israele di presentarsi come una pecora nell’arena esterna mentre perseguiva il suo controverso programma nucleare da lupo nell’arena interna.
I documenti che descrivono dettagliatamente le ispezioni statunitensi a Dimona tra il 1965 e il 1967 evidenziano un crescente senso di scetticismo tra i funzionari statunitensi riguardo alle assicurazioni israeliane sull'"uso pacifico del nucleare".
Nonostante le affermazioni di Israele, gli ispettori statunitensi osservavano incongruenze tra le informazioni fornite e ciò che è stato visto nella struttura. Queste ispezioni limitate alimentarono i sospetti sulle ambizioni nucleari di Israele.
Una valutazione dell’intelligence del 1967 fornì una rivelazione bomba: Israele era a sole “sei-otto settimane” dalla produzione di un’arma nucleare. Questa rivelazione allarmante ha segnato un cambiamento epocale nell’intelligence statunitense, passando da un semplice sospetto a una quasi certezza sulla capacità segreta di Israele di possedere armi nucleari, rivelando quanto l’entità fosse vicina a un’escalation di armi senza precedenti.
Nel complesso, i documenti evidenziano la strategia di ambiguità nucleare di Israele, nota come “amimut”, che gli ha permesso di mantenere un deterrente nucleare senza riconoscerlo ufficialmente. Questa politica ha complicato gli sforzi degli Stati Uniti per imporre la non proliferazione globale preservando al tempo stesso la sua alleanza con Tel Aviv.
In breve, i documenti declassificati rivelarono che all’inizio degli anni ’60 gli Stati Uniti possedevano un’intelligence sostanziale che indicava che il programma nucleare israeliano era orientato allo sviluppo di armi, fatto che rimase nascosto alla vista del pubblico per decenni. Sottolineano inoltre l’intricato atto di equilibrio della politica estera statunitense, dove le priorità di sicurezza nazionale e le alleanze strategiche spesso si scontrano con gli obiettivi di non proliferazione.
Mentre Tel Aviv continua a mantenere la sua politica di ambiguità nucleare, la domanda rimane: quale ruolo gioca Israele, in quanto potenza nucleare non dichiarata, nel plasmare l’attuale panorama della politica nucleare regionale e globale, in particolare se abbinato alla sua azione a Gaza, ampiamente criticata come genocida?
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