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Gaza: i due muri
di
Giacomo Gabellini
Nel 2005, l’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon avviò la costruzione di due barriere attorno a Cisgiordania e Striscia di Gaza, in funzione di tutela della sicurezza nazionale dal rischio del terrorismo palestinese.
Stando alle dichiarazione dei portavoce dei Tel Aviv, il primo muro, dotato di reticolati elettrificati, sentieri di aggiramento, trincee, pareti di cemento armato e rilevatori di movimento, sarebbe sorto lungo la linea dell’armistizio del 1948.
Il secondo si sarebbe invece sviluppato lungo il perimetro dell’angusto fazzoletto di terra palestinese incastonato tra Israele ed Egitto, e nel corso degli anni avrebbe subito lavori di potenziamento comprensivi dell’installazione di propaggini sotterranee dotate di rilevatori di movimento anti-tunnel, recinzioni alte fino a sei metri, sensori, radar, telecamere e mitragliatrici automatiche collegate a un centro di comando.
La realizzazione del sistema di sicurezza al confine con la Striscia di Gaza era figlia del “disimpegno unilaterale”, implicante lo smantellamento delle basi militari israeliane e il ricollocamento dei quasi 10.000 coloni ivi insediati in Israele e Cisgiordania, proclamato da Sharon tra le proteste di una porzione assai rilevante della società e del panorama politico nazionali.
A dispetto di quanto prospettato dal premier, Israele mantenne saldamente il controllo totale sulla Striscia, che è continuata ad esercitarsi, oltre che su funzioni governative chiave (come il registro anagrafico), su spazio aereo, sfera elettromagnetica, acque territoriali, attraversamenti di terra, infrastrutture civili, forniture di acqua, cibo, elettricità e carburante.
Come spiegato nel 2008 da Tzipi Livni, avvocato, collaboratrice e collega di partito (prima al Likud, poi in Kadima) di Sharon, il “disimpegno” e la contestuale recinzione tramite apposite barriere sia della Striscia di Gaza che della Cisgiordania avrebbe reso “fluidi” i confini di Israele, inchiodando i palestinesi residenti all’interno di questo spazio “striato” e indefinito a una condizione strutturale di incertezza e dipendenza da Israele.
L’obiettivo consisteva quindi nel segmentare lo spazio politico e consolidare il controllo sul territorio, identificate come precondizioni imprescindibili per procedere a una regolazione delle modalità di accesso e distribuzione delle risorse secondo una logica smaccatamente discriminatoria.
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