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Siria: la sorte delle basi russe
di
Francesco Dall'Aglio
Oltre a quella dei nordcoreani, l'altra telenovela che tiene banco tra gli osservatori di cose russe è quella, decisamente più interessante, della sorte delle basi in Siria: sorte che in assenza di pronunciamenti ufficiali non è affatto chiara.
Da un lato i militari russi sono ancora presenti nel paese senza che la cosa turbi più di tanto i locali, e non si segnalano né tensioni né violenze. Anche l'ambasciata funziona regolarmente e non ha mai smesso di farlo, e non è stata né attaccata né saccheggiata come, ad esempio, quella iraniana. Dall'altro lato, però, sembra che si vada incontro a un generale ridimensionamento, sia della sede diplomatica (parte del personale è tornato in patria) che, soprattutto, delle forze militari.
La questione diplomatica è spiegabile abbastanza facilmente: qualsiasi ruolo la Russia avrà nella "nuova" Siria non sarà certamente paragonabile a quello avuto nella "vecchia", e ci sarà bisogno di meno personale (e questo senza contare che tra i diplomatici riportati a casa ci saranno quasi sicuramente membri dei servizi e forse qualcuno che ha ricevuto credenziali diplomatiche per tirarlo fuori da situazioni potenzialmente pericolose).
La questione militare è invece più complessa. Le basi più piccole sono state tutte abbandonate (almeno una, nel Kurdistan, è stata occupata dagli americani), mentre restano in attività le tre più grandi e importanti, il porto di Tartus e gli aeroporti di Hmeimim e Kamishlié; se quest'ultimo potrebbe, come riferiscono alcune fonti, essere abbandonato, nulla si sa delle altre due basi.
Oggi sono state diffuse alcune foto satellitari della base di Hmeimim: in una si vedono due unità antiaeree S-400 rimosse dalle loro posizioni e apparentemente pronte ad essere imbarcate e due aerei da trasporto Il-76MD arrivati da poco, mentre il radar 92N6E della batteria antiaerea è ancora al suo posto ma privo delle reti mimetiche, che anche prima non è che mimetizzassero granché.
In un'altra foto si vede un elicottero Ka-52 con le pale del rotore smontate, anch'esso apparentemente pronto ad essere imbarcato e portato via. Da un lato è vero che il nuovo governo siriano non ha espresso intenzioni ostili e, soprattutto, non ha forze aeree (e gli S-400 non servirebbero molto contro un drone), ma sembra anche strano che la contraerea venga portata via se non si ha intenzione di lasciare la base.
Se a questo aggiungiamo un'altra fotografia diffusa ieri, nella quale si vede un altro Ilyushin e vario materiale (nei quadrati bianchi, se davvero è materiale e non soltanto ombre) depositato attorno alla pista dell'aeroporto di Al-Jufra, in Libia, si potrebbe davvero ipotizzare l'abbandono delle basi in Siria e il trasferimento di mezzi e materiale in Libia.
Non sarebbe una situazione ottimale ma consentirebbe di limitare moltissimo i danni derivanti dall'abbandono della Siria che, ricordiamo, serve sostanzialmente come base logistica intermedia per gli aerei diretti nei paesi dell'Africa Centrale che ora si appoggiano alla Russia.
Resta però da chiedersi se è credibile che la Russia, se davvero la caduta di Assad è stata causata da un accordo sottobanco al quale essa stessa ha partecipato, abbia accettato di andar via dalla Siria senza mantenere nemmeno un punto d'appoggio nel paese. La leva che può esercitare, in fondo, non è piccola: negli anni passati la Siria ha ricevuto a prezzi più che stracciati ingenti rifornimenti di grano e petrolio, che adesso sono stati sospesi.
In un thread su Twitter dell'11 dicembre si può vedere come due mercantili russi che trasportavano grano, il Mikhail Nenashev e il Matros Pozynich abbiano invertito la rotta e ora stazionano nelle acque di Cipro in attesa di nuove istruzioni, e lo stesso ha fatto una petroliera iraniana, la Lotus. Anche se Zelensky si è subito offerto di rifornire la Siria di grano, sembra piuttosto dubbio che l'Ucraina sia in grado di inviare le stesse quantità allo stesso prezzo.
A breve la situazione dovrebbe risolversi, in un senso o nell'altro, e vedremo cosa succederà.
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