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Perché non parli di Gaza?
di
Rosa Rinaldi
"Ogni volta che dico che abbiamo visto il crimine più difficile, ne viene fuori uno più crudele! Questo è un crimine sconvolgente e scioccante: l’esercito israeliano ha ucciso e bruciato tutti mentre trasportavano martiri e feriti. Nessuno è sopravvissuto".
È quello che scrive Majdi Balgouthi commentando l'ennesimo crimine israeliano contro gente inerme.
E intanto anche Amnesty International - cosi come William Shabas (uno dei più grandi esperti di diritti umani e genocidio, nonché figlio di sopravvissuti all'Olocausto) - usa la parola "genocidio", chiamando finalmente per nome quello che è sotto gli occhi di tutti (tranne per gli occhi di pusillanimi come Tajani).
Possiamo dire che Gaza e la Palestina per molti versi rappresentano un inedito:
è la prima volta che un territorio così piccolo è martoriato da una quantità di bombe così grande, è la prima che i civili sono fatti oggetto di sterminio e torture sistematiche, è la prima volta che i caregiver (medici, paramedici, volontari di assoc. internazionali che distribuiscono cibo) vengono uccisi in modo sistematico,. così come i giornalisti.
Èd è la prima volta che tutte le scuole e tutti gli ospedali sono stati distrutti, come i generatori, le pompe idriche, i depositi d'acqua, i desalinatori, i forni...
Ma non è la prima volta che una potenza coloniale schiaccia la popolazione che occupa per colonizzarne terre e risorse, per espandere il suo "Lebensraum" (termine comparso qualche giorno fa sul Times of Israel), anche se mai era avvenuto in mondovisione.
E di questo non si può incolpare Hamas o l'Iran, perché quello che sta accadendo è solo il capitolo finale di una storia iniziata molto tempo fa.
In questo buio politico e morale, risuona la domanda che Alessandro Negrini fa agli artisti e ai letterati:
"Perché non parli di Gaza? Perché, Tu che conosci le parole, non parli?".
Eh. Perché?
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