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06 dicembre 2024
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Dirigenza ebraica sempre più a destra. La sinistra prende le distanze
di Paolo Mossetti

Il centrosinistra italiano sta finalmente prendendo le distanze da una leadership ebraica finita sempre più a destra?

Alle celebrazioni per i 120 anni del Tempio maggiore, la principale sinagoga della capitale, delle opposizioni sono andati in pochi: ovviamente Italia Viva, ovviamente Fassino, ma nessun altro nome di rilievo del PD, nessuno di M5S e AVS.

Potrebbe essere il segnale di un approccio più cauto e meno remissivo da parte del progressismo istituzionale nei confronti di una comunità che mostra tratti preoccupanti di massimalismo, distacco dalla realtà, che sceglie le alleanze unicamente in base al posizionamento su Israele.

Presente allora mezzo governo Meloni da Tajani ai ministri Nordio, Zangrillo, Giuli (con kippah scura), Mantovano, La Russa, Gasparri, Bignami (!) e vari attivisti di Atreju.

All'evento non una parola sulla sofferenza della Palestina o sulla catastrofe di immagine per il filoisraelismo spinto.

Nessuna contezza dell'opinione pubblica italiana sempre più basita.

«Caduta la pregiudiziale antifascista, il baricentro degli ebrei italiani si è spostato, seguendo l’involuzione israeliana e la crescente islamofobia», si legge sul Manifesto.

Nessuna volontà di moderazione, di riforma o di dialogo con i critici dello stato ebraico. Inutile per il PD, a questo punto, costringersi a omaggi che vanno evidentemente ben oltre la solidarietà umana e rischiano di avallare inaccettabili strumentalizzazioni politiche.

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