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Ultimo presidio di umanità
di
Alessandro Ferretti
Dopo oltre due mesi di ferocia e violenza senza limiti, Israele ha segnato una pietra miliare nella pulizia etnica del nord della Striscia.
Dopo aver scientificamente bombardato e distrutto per oltre due mesi ogni infrastruttura atta a consentire la sopravvivenza, dopo aver ammazzato migliaia di persone e averne sequestrato altrettante, ieri Beit Lahia è stata sottoposta ad attacchi eccezionalmente violenti e oggi l’esercito israeliano ha costretto i circa 6.000 sopravvissuti ad evacuare gli ultimi rifugi sotto la minaccia delle armi.
Beit Lahia e Beit Hanoun, un tempo casa di centomila palestinesi, sono ora ridotti a deserti di rovine disabitate.
Per completare la prima fase della pulizia etnica e dare il via libera ai fanatici coloni in attesa da mesi resta ancora un ostacolo.
Secondo Forensic Architecture, l’esercito israeliano sta infatti realizzando a suon di distruzione un altro corridoio che taglia in due la striscia, stavolta a nord di Gaza City, separando la zona di Beit Lahia, Beit Hanoun e del campo profughi di Jabalia dal resto.
L’ipotesi è confermata anche dalla BBC, che ha documentato una lunga serie di demolizioni lungo il tracciato del corridoio. Il nuovo corridoio fa parte della criminale strategia di parcellizzazione della Striscia in tanti pezzetti isolati l’uno dall’altro di cui disporre a piacimento.
Rimane quindi solo il campo di Jabalia a resistere agli scatenati assassini dell’esercito israeliano, ed è proprio al confine tra il campo e Beit Lahia che è situato l’ospedale Kamal Adwan diretto dal dottor Abu Safiya.
L’ospedale negli ultimi giorni è stato ripetutamente e ossessivamente bombardato: l’altro ieri Israele ha usato un drone per ammazzare il direttore del reparto di terapia intensiva, giustiziato mentre entrava nell’ospedale (esiste un video dei disperati tentativi di rianimarlo).
Ieri Israele ha attaccato per almeno tre volte: altri tre sanitari sono stati feriti da bombe a frammentazione, l’impianto dell’ossigeno è nuovamente stato messo fuori uso e le squadre di riparazione non riescono ad intervenire perché il fuoco israeliano è praticamente continuo.
Unica buona notizia: una delle schegge che aveva ferito il dottor Safiya è uscita da sola dalla ferita. Il dottore ha comunque altre cinque schegge nella gamba ferita qualche giorno fa, ma continua imperterrito a visitare e sostenere i pazienti.
Tutto il personale dell’ospedale ha giurato di rimanere al suo posto fino a quando ci sarà bisogno di assistenza umanitaria, costi quel che costi.
Vedremo in che modo l’esercito di Israele, forte del disumano silenzio di tutti coloro che dovrebbero intervenire per porre fine alle sue atrocità, cercherà di schiacciare questo (chiaramente intollerabile) presidio che tiene alta la bandiera dell’umanità in mezzo all’ecatombe e che, comunque vada a finire, ha già abbondantemente guadagnato il diritto a finire sulle copertine dei libri della storia del futuro.
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