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03 dicembre 2024
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Chiamatelo Pasquale
di Rossella Ahmad

"È finito il tempo di rischiare tutto per portare le notizie, ed è cominciato il momento di cercare di sopravvivere.
Vi ho fatto vedere ciò che accade, e dio mi è testimone, allo scopo di salvare il mio paese.
Adesso stiamo affrontando un assedio interno. Non possiamo andare né a nord né a sud. I carri armati di Israele assediano il centro di gaza sia da sud che da nord. La nostra situazione è peggiore di quanto possiate immaginare.
Ricordate: non è sufficiente che condividiate. Siamo un popolo che sta affrontando un genocidio, siamo una causa che tenta di restare in vita, da soli".

Un anno è passato da allora.

Un anno in cui abbiamo visto accadere tutto quello che era umanamente sopportabile ed anche di più.

Un anno in cui il dibattito pubblico si è incentrato sulla più bieca delle questioni, su quale sia il nome più consono da dare alla vergogna assoluta di Gaza.

Ricordo tutto: righello e compasso, a tracciare confini immaginari a concetti e termini. Come si chiama quella cosa lì? Che nome gli vogliamo dare? Chiamatela Pasquale, il risultato non cambia.

Mi sono sempre chiesta, fin dall'inizio, come si sarebbero riposizionati, un giorno. Con quale faccia. Come avrebbero fatto ad ingoiarsi le loro stesse parole.

E, in verità, il riposizionamento è appena cominciato. In un mare di ignavia, qualche insospettabile voce fuori dal coro comincia a palesarsi. Ad esempio Repubblica.

L'osceno giornalaccio della borghesia prog, dem, politically correct, che per un anno intero ha incitato al genocidio - ricordo che l'anno scorso, in questo giorno, mentre i tizzoni umani venivano estratti dalle macerie fumanti, se ne uscì con un decisivo articolo sul patriarcato a Gaza, roba da spostare l'asse terrestre di diversi gradi - Repubblica, dicevo, ha pubblicato ieri la straziante testimonianza di Tanja Haj Hassan, americana volontaria a Gaza, che denuncia il silenzio del mondo rispetto a ciò che lei definisce "la fine dell'umanità per come la conoscevamo". E devo dire che ho fatto fatica a realizzare che si trattasse proprio di Repubblica.

Così come ho dovuto personalmente accertarmi che fosse stato proprio Formigli, e la Rai, a mandare in onda la stessa testimonianza. Roba impensabile fino a poco fa.

È di ieri invece la notizia che uno dei pezzi da novanta dello stato genocida, l'ucraino/polacco Moshe Smilansky, in arte Ya'alon, ha definito senza mezzi termini ciò che sta accadendo in Palestina: pulizia etnica con fini di annessione.

Ciò che diciamo esattamente da un anno e due mesi. Se non ci fosse di mezzo la macelleria messicana al cubo che vediamo, ci sarebbe da ridere per intere ere geologiche.

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