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Il papa e gli altri
di
Rossella Ahmad
Mi ero forse sbagliata nel definirlo papocchio. Sono sempre pronta a riconoscere i miei errori ed a rettificare, nel caso
Ad oggi, il papa resta una delle poche figure di livello internazionale ad aver osato l'inosabile, aver riconosciuto cioè che in Palestina è in atto un genocidio, che vi sono "invasori prepotenti" e bla bla bla.
Certo, sono parole. E giunte in colpevolissimo ritardo, tra l'altro, ma decretano la differenza tra lui ed i crosetto di questo occidente, a loro imperitura onta.
Per non parlare dei capetti arabi. Tutto bene da quelle parti? Le famigerate relazioni bilaterali, diplomatiche, amorose con particolare predilezione per la sodomia proseguono senza scossoni? Vi siete assicurati che le verdure fresche arrivino ogni giorno e con puntualità nello stato genocida? Avete messo assieme quelle quattro-cinque parole di condanna, sempre le stesse da un secolo, per quando deciderete che sia il momento che la montagna partorisca il topolino? Bene. Anzi male. Abbiamo tutti impressi negli occhi i bambini assetati di Rafah che imploravano un po' d'acqua ai militari egiziani a guardia dell'impermeabilità della recinzione che chiude Gaza come una gabbia. E voi zitti, inerti.
Dicevo del papa. Ha trovato un po' di coraggio. Non è facile esporsi sic rebus stantibus, considerati anche i controversi rapporti storici tra la Santa Sede e le comunità ebraiche. L'accusa di odio anti- bla bla bla è sempre dietro l'angolo. E difatti è giunta con rapidità.
Accuse strumentali, ovviamente. Non indulgo sul passato perché non è argomento di mio interesse. Parlo del presente. E ricordo che non vi è stata istituzione più prona allo status quo, più aderente ai dettami governativi e più ignava della Chiesa di Roma. Forse solo la scuola può vantare record simili, in particolare quella di base. So di cosa parlo. Nessuna parrocchia si è esposta per la Palestina, neanche per semplice interesse umanitario senza implicazioni politiche. E nessun dirigente - o quasi - ha consentito che la questione palestinese entrasse nelle scuole, sotto alcuna veste se sì esclude un raffazzonamento politicamente corretto delle istanze.
Alla base vi è solita confusione strategicamente perseguita e politicamente motivata, il solito calderone in cui confluisce tutto ciò che è possibile, dall'ebraismo, alla Shoah all'islamofobia al sempiterno spauracchio dell'antisemitismo. La questione palestinese, che è una semplice questione di colonialismo d'insediamento aggravato dall'etnicidio, si trasforma in un mostro tentacolare, che ciascuno rifugge.
In particolare, per ciò che concerne il gregge dei fedeli, la confusione è doppia e tripla. Ed ancora una volta Israele ha avuto gioco facile su una popolazione completamente a digiuno di qualsiasi nozione, finanche della propria religione, con l'inoculazione costante delle pretestuose nozioni dell'Israele biblico e della comune cultura giudeo-cristiana, un falso storico a cui si appellano tutti e che non significa proprio nulla.
C'è la speranza che le parole del papa smuovano la palude del pensiero unico e servano a restituire un po' di giustizia storica ad un discorso pubblico completamente imbarbarito ed appiattito alle istanze del carnefice.
Attendo gli eventi, comunque. Le parole non servono a nulla se restano lettera morta o se, peggio, vengono corrette, rimangiate, rettificate, sconfessate alla prima strigliata.
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