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Dalle vessazioni al femminicidio
di
Francesco P. Esposito *
“Non sei più capace di cucinare”. Squalificata.
“Ti sei vista allo specchio? Sei piena di cellulite, che schifo”. Derisa.
“Io non ti ho detto niente, ti inventi tutto. Sei pazza”. Incolpata.
“Se entro le sette non sei a casa, mi arrabbio”. Controllata.
La violenza sulle donne?
Per prima cosa, bisogna sfatare un pregiudizio. La violenza non scatta mai di punto in bianco e non va identificata solo con quella fisica, ovvero la sua manifestazione estrema.
La sottomissione incomincia con delle molestie psicologiche dentro le mura di casa. Poi davanti ad amici e parenti.
Subdole, difficili da individuare all’inizio, più frequenti e più degradanti col passare del tempo, alla fine intrappolano mogli e fidanzate in una spirale di aggressività che arriva a mettere a rischio la loro incolumità.
Dalle umiliazioni, l’uomo passa agli spintoni, poi alle botte e a rapporti sessuali forzati.
È sbagliato dire che è la donna che se l’è cercata. Negli "amori" malati c’è un graduale adattamento alla violenza fisica, frutto del plagio e della manipolazione esercitati dal partner sulla compagna.
Alcuni uomini NON sanno che picchiare, insultare, umiliare una donna è sbagliato.
Sì hai letto bene, NON lo sanno, sono sobrio e serissimo (non è una provocazione).
Anzi pensano che uno schiaffo ogni tanto faccia bene, che si stava meglio quando si stava peggio e le donne cucivano la calza, che se la donna lascia deve morire, che sta cosa della modernità e della parità abbia creato una società di gay marci.
Gli uomini di cui parlo sono in mezzo a noi e sono affetti da una e vera e propria PATOLOGIA CULTURALE.
Ora, fatta salva la giusta punizione del reo, se non iniziamo una massiccia educazione sentimentale e rieducazione le donne continueranno a morire.
E' una scienza esatta: moriranno (e moriranno ancora).
Senza educazione sentimentale il femminicidio non finirà mai.
* Criminologo forense, Componente del Comitato Tecnico-Giuridico dell'Osservatorio
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