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24 novembre 2024
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Israele vuol privatizzare TV pubblica: sempre meno libertà
di Mauro W. Giannini

Un controverso disegno di legge sostenuto dal Comitato ministeriale di Legislazione israeliano potrebbe portare alla privatizzazione – e alla potenziale chiusura – della Israeli Public Broadcasting Corporation (IPBC), scatenando diffuse critiche da parte di esperti legali, osservatori dei media e difensori della libertà di stampa.

Secondo fonti di stampa israeliane, il disegno di legge dei membri privati ​​sponsorizzato dal deputato del Likud Tally Gotliv impone la privatizzazione dell'IPBC, che gestisce l'emittente pubblica Kan e la radio Reshet Bet, entro due anni. Se durante questo periodo non viene trovato alcun acquirente, l'IPBC verrà chiuso.

Il ministro delle Comunicazioni Shlomi Karhi aveva precedentemente avanzato una legislazione identica, allineandosi agli sforzi dei membri della coalizione fascista per rivedere il panorama dei media.

I sostenitori del disegno di legge sostengono che la privatizzazione dell’IPBC favorirebbe la concorrenza nel settore dei media e ridurrebbe la sua dipendenza da quello che chiamano un budget governativo “estremamente alto”.

Nelle note esplicative del disegno di legge, Gotliv ha affermato che l'attuale produzione dell'emittente non giustifica i suoi finanziamenti pubblici, sostenendo la proprietà privata come modello più efficiente.

I critici hanno denunciato la proposta di legge come una minaccia diretta ai cosiddetti "valori democratici" di Israele, in particolare alla libertà di stampa.

L'Ufficio del Procuratore Generale ha espresso forti riserve in una lettera al ministro della Giustizia Yariv Levin, che presiede il Comitato Ministeriale sulla Legislazione.

La lettera avverte che l'avanzamento di una normativa così radicale attraverso un disegno di legge di un membro privato elude l'esame rigoroso da parte dei professionisti ministeriali e costituisce un pericoloso precedente.

La Procura generale ha inoltre avvertito che il disegno di legge invia un messaggio "chiaro e serio" secondo cui "la critica al governo o la trasmissione di contenuti non favorevoli al governo possono portare a misure contro i media e alle loro restrizioni". Ciò, sostiene, mina l’indipendenza della stampa, una pietra angolare di ogni democrazia.

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