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Sopravvisse alla Shoah, oggi è consulente della CPI
di
Paolo Mossetti
Uno dei giuristi che ha fatto da consulente per il procuratore della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, nell'incriminare i leader israeliani per crimini di guerra è Theodor Meron, un noto studioso di diritto internazionale e sopravvissuto all'Olocausto, che fu imprigionato per quattro anni in un campo di concentramento nazista.
La lezione che Meron ha tratto dal genocidio che uccise la sua famiglia non è che l'Olocausto sia stata una tragedia solo per il popolo ebraico, ma per l'umanità intera.
In un discorso che tenne alle Nazioni Unite per il 75° anniversario della liberazione di Auschwitz, Meron sottolineò che la macchina di morte nazista non sterminò solo gli ebrei, ma anche i rom, ai polacchi, ai russi, ai dissidenti politici e ad altri gruppi. E concluse augurandosi che «né noi né i nostri figli saremo vittime, o peggio, perpetratori di genocidi».
Basta andare in Israele per capire come la prospettiva universalista di Meron sull'Olocausto sia considerata tabù nel discorso pubblico israeliano, che tende a vedere il genocidio nazista da una prospettiva particolarista. Ma per Meron, «mai più» non si applica solo agli ebrei, ma a tutta l'umanità.
Il governo israeliano e i suoi cheerleader occidentali, inclusi i propagandisti che vediamo fumare da ieri mattina per aver perso l'ennesima battaglia politica, possono applicare la massima pressione per confondere Israele con tutti gli ebrei, ma Meron è un altro esempio di come i crimini gravissimi di Israele non siano crimini di tutti gli ebrei e non debbano essere considerati tali.
I crimini di guerra israeliani sono crimini solo di coloro che vi partecipano o li sostengono, indipendentemente dalla loro identità.
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