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Israele abbandona camion umanitari al saccheggio di bande criminali
di
Alessandro Ferretti
La crisi umanitaria a Gaza ha raggiunto livelli senza precedenti. La carenza di beni essenziali, l’assenza di elettricità e le condizioni di insicurezza personale—soprattutto per donne e bambini—sono ormai endemiche. L’economia locale è completamente paralizzata: c’è un solo bancomat funzionante in tutta la Striscia, e per usarlo bisogna pagare il pizzo a bande criminali armate.
Le organizzazioni umanitarie, tra cui l’UNRWA, Save the Children e Oxfam, hanno denunciato il totale disinteresse da parte delle autorità israeliane nel garantire gli aiuti umanitari. Invece di facilitare il passaggio dei convogli, Israele ha chiuso la maggior parte dei valichi e imposto restrizioni draconiane, riducendo al minimo il flusso di camion: oltre a ciò, quando gli aiuti riescono a entrare, spesso non raggiungono i destinatari perché vengono bloccati e/o saccheggiati lungo il tragitto.
Israele accusa abitualmente Hamas di dirottare gli aiuti per uso militare o per profitto personale. Tuttavia, le recenti azioni delle forze palestinesi contro alcune bande criminali smentiscono questa narrativa, dimostrando che il problema principale non è Hamas, ma l’anarchia creata dalle condizioni imposte dall’occupazione israeliana.
Secondo tre recenti articoli comparsi su Haaretz, sul Washington Post e su Drop Site News, negli ultimi mesi la distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza è stata infatti segnata da gravi difficoltà a causa di ripetuti episodi di saccheggio sistematico dei camion autorizzati al passaggio che hanno visto il coinvolgimento diretto o indiretto dell’esercito israeliano (IDF) e dell’ente israeliano che coordina le attività governative nei Territori occupati (COGAT).
Il caos degli aiuti nella Striscia di Gaza
La maggior parte degli aiuti destinati a Gaza entra attraverso il valico di Kerem Shalom, che è sotto il controllo diretto dell’esercito israeliano. Tuttavia, una volta oltrepassata la frontiera, i convogli devono percorrere strade insicure, dove bande armate palestinesi—principalmente appartenenti a clan locali nella zona di Rafah, legati all’ISIS del Sinai e dediti allo spaccio di stupefacenti—bloccano i camion, richiedono pagamenti esorbitanti in cambio di “protezione” o saccheggiano direttamente le merci.
Si tratta di un’operazione organizzata e sistematica: Haaretz racconta che durante un tour per giornalisti con le forze dell’IDF nel nord di Gaza, i giornalisti hanno visto un convoglio umanitario diretto a sud e un ufficiale ha detto loro: “Tra altri 500 metri verranno saccheggiati”. Nessuno dei soldati sembrava sorpreso.
I saccheggi, spesso avvengono a pochi metri dalle postazioni dell’IDF, che però rimane inerte. Secondo documenti ottenuti dal WaPo, durante l’estate le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie internazionali hanno perso 25,5 milioni di dollari in beni umanitari a causa dei saccheggi.
Queste bande armate, secondo fonti di organizzazioni umanitarie e analisi di esperti, agiscono spesso con la tacita approvazione o come minimo nell’indifferenza dell’esercito israeliano. In alcune occasioni, ufficiali del COGAT avrebbero persino suggerito alle ONG di collaborare con intermediari legati alle bande criminali per garantire il passaggio dei camion. Questo ha portato alcune organizzazioni umanitarie a evitare del tutto certe rotte, rendendo ancora più difficoltosa la consegna degli aiuti essenziali.
Un contesto di anarchia e violenza
La situazione di caos nella Striscia di Gaza è peggiorata a causa del collasso delle autorità locali. Le forze di sicurezza palestinesi, che in passato tentavano di garantire una minima protezione ai convogli, sono state sistematicamente colpite dagli attacchi israeliani. L’IDF considera queste forze di polizia come estensioni di Hamas e le attacca senza distinzioni, eliminando di fatto l’unica organizzazione in grado di proteggere i convogli. Questo ha lasciato il campo libero alle bande criminali.
La situazione è diventata così drammatica che, in alcune aree, le mappe distribuite dalle Nazioni Unite segnalano interi tratti di strada come “zone ad alto rischio” per il saccheggio. Il cosiddetto “corridoio del saccheggio”, vicino al valico di Kerem Shalom, è sorvegliato da droni e soldati israeliani, ma gli attacchi ai camion continuano indisturbati: secondo i dati dell’OCHA, quasi la metà del cibo transitato per questa via è stato rubato.
Il leader di una banda, si legge nella nota, ha creato un “complesso di tipo militare” in un’area “limitata, controllata e pattugliata dall’IDF”. Un alto funzionario di un’organizzazione che lavora a Gaza ha riferito ad Haaretz di aver visto un palestinese armato di Kalashnikov a soli 100 metri da un carro armato israeliano”, e che tali uomini armati “picchiano gli autisti e se non ricevono il pizzo prendono tutto il cibo”.
In alcuni casi gli autisti dei convogli hanno cercato aiuto dai soldati israeliani durante gli attacchi, ma senza successo. Le truppe dell’IDF non sparano mai sulle bande, ma lo fanno contro i civili e contro i poliziotti che entrano nell’area per impedire le ruberie.
L’IDF afferma di non agire per paura di provocare critiche internazionali nel caso in cui il personale umanitario rimanga coinvolto in scontri armati. Tuttavia, la verità è che questa inattività ha alimentato un clima di impunità per le bande criminali.
L’intervento delle forze palestinesi contro le bande
L’ultimo grave incidente in ordine di tempo si è verificato nella notte di sabato scorso (16 novembre): secondo le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite ben 98 dei 109 camion in convoglio che trasportavano aiuti alimentari delle Nazioni Unite da Kerem Shalom sono stati saccheggiati da uomini armati. I saccheggiatori hanno sparato ai camion e hanno trattenuto gli autisti per ore: secondo l’UNRWA gli assalitori hanno ferito alcuni trasportatori e causato ingenti danni ai veicoli.
Di fronte alla disperazione crescente, le forze di sicurezza palestinesi hanno iniziato a reagire. Recentemente, un’operazione di Hamas ha portato all’uccisione di 11 membri di una delle bande principali, accusata di aver saccheggiato decine di camion e ucciso numerosi agenti di sicurezza. Tuttavia, queste operazioni sono rese estremamente difficili dalla costante minaccia di attacchi israeliani contro le forze palestinesi stesse.
Nonostante questi sforzi, il problema rimane quindi grave. I saccheggi non si limitano agli aiuti alimentari: tra le merci trafugate ci sono anche beni come sigarette, che vengono contrabbandate nei convogli umanitari e poi rivendute a prezzi esorbitanti sul mercato nero. Questo commercio illecito non solo alimenta la criminalità, ma rende i convogli umanitari bersagli ancora più attraenti per le bande armate.
Conclusioni
La gestione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza evidenzia un grave fallimento da parte dell’esercito israeliano e del COGAT, che non solo non garantiscono la sicurezza dei convogli, ma sembrano anche tollerare—se non addirittura favorire—le attività delle bande armate. Questo contribuisce a peggiorare una crisi umanitaria già estrema, lasciando milioni di persone senza accesso ai beni di prima necessità.
L’intera situazione sottolinea la necessità di un intervento internazionale più deciso per garantire che gli aiuti umanitari possano raggiungere i civili senza interferenze o violenze. Tuttavia, senza un cambiamento radicale nelle politiche israeliane e un impegno concreto a rispettare il diritto internazionale, è improbabile che la situazione migliori nel breve termine. Nel frattempo, la popolazione di Gaza continua a pagare il prezzo di questa crisi con vite umane, sofferenze indicibili e una disperazione sempre più profonda.
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