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Il medico ucciso fu sottoposto a abusi sessuali
di
Rossella Ahmad
Middle East Eye ha pubblicato ieri un servizio di Sky News sul martirio del medico forse più noto e amato di Gaza, il dottor Adnan Al-Bursh. Lo ricorderete. Ne parlammo lo scorso maggio, quando cominciò a circolare la notizia della sua morte all'interno di una delle più infami prigioni israeliane, il carcere di Ofer.
Il dottor Al-Bursh, uno dei chirurghi dell'ospedale di al-Shifa, il primo nosocomio ad essere distrutto durante la calata dei mongoli a Gaza, fu sequestrato, denudato assieme ad un folto gruppo di civili, tra cui almeno altri cinque medici, e trasportato prima al centro di tortura di Sde Taiman, poi ad Ofer nel mese di aprile. L'ultima immagine da vivo lo mostra all'ospedale al-Awda, mentre cerca di salvare vite umane e di ricomporre corpi di bambini ridotti a brandelli. Dopo di ciò, il buio assoluto. Fino alla notizia della sua morte.
Sky News ricostruisce, attraverso testimonianze di ex-detenuti, gli ultimi, terrificanti momenti della vita del medico. Con ogni probabilità sottoposto a ripetute violenze sessuali che ne hanno causato la morte. Un suo collega riferisce di averlo visto in condizioni talmente deteriorate da non riuscire ad andare in bagno da solo.
A maggio la notizia appena accennata della sua morte, di cui israele non diede alcuna spiegazione. Sky News ha tuttavia ottenuto la dichiarazione di un avvocato per la difesa dei diritti umani che a sua volta ha raccolto le testimonianze di ex prigionieri, i quali hanno riferito di averlo visto denudato nella parte inferiore del corpo, sicuramente assaltato con oggetti contundenti e gettato nel cortile del carcere.
Il suo corpo non è mai stato restituito alla famiglia.
"...Che le vostre storie di resistenza psicologica, di coraggio e di inestinguibile speranza possano risuonare nel profondo, testamenti della determinata forza dello spirito umano nella ricerca di dignità e giustizia. Alla terra frammentata, ai popoli espropriati e agli spiriti smembrati che non hanno mai perso la propria integrità, io scrivo per guarire le nostre ferite collettive, per unirci nella solidarietà e nella fervida speranza che, insieme, vedremo la Palestina libera".
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