Lasciate che facciano rumore per Giulia Cecchettin
di Elisa Fontana

Gentile preside del blasonatissimo liceo Tito Livio di Padova,

mi perdonerà se la disturbo dai suoi molteplici doveri, ma mi urge dentro una domanda molesta e poco educata, ma che va fatta.

Ci potrebbe spiegare perché ha vietato agli studenti del suo liceo di “fare rumore” per un minuto nell'anniversario della morte di Giulia Cecchettin?

Perch* ha dichiarato che sarebbe meglio un minuto di silenzio o, meglio ancora, una candela accesa alla finestra?

Lei sa bene che è stata la sorella di Giulia l'anno scorso a dire che bisognava smetterla con il silenzio e cominciare a fare rumore, come rivendicazione di diritto all'esistenza e rispetto per le decisioni di tutte le donne.

Cosa non la convince in questa spiegazione del tutto chiara, legittima e altamente condivisibile?

Il fatto che le donne non si rassegnino a soffrire, e financo a morire, in silenzio, ma che vogliano fare rumore per ricordare a tutti i loro diritti troppo spesso calpestati?

Cosa c'è di irricevibile, di eversivo nel fare rumore per un minuto in ricordo di una ragazza trucidata per aver detto no e rivendicato la libertà di vivere a modo suo?

Onestamente, mi creda, le ragioni di questa decisione mi rimangono davvero oscure e sarebbe una cosa del tutto ininfluente se riguardasse solo me, ma i ragazzi hanno diritto di conoscere le motivazioni che certamente ci saranno, anche se sfuggono ad un'anima semplice come me.

I ragazzi, comunque, hanno detto che disobbediranno alla disposizione e faranno rumore, tanto rumore, dimostrando così di aver appreso alla perfezione la lezione di Antigone, che hanno sicuramente studiato nel suo prestigioso liceo e che ha insegnato per l'eternità il valore della disobbedienza civile.

I ragazzi hanno sicuramente capito, altri non lo so.

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