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NYT: errore dei democratici vedere Gaza come problema solo etnico
di
Aurora Gatti
L'errore dei media USA e dei democratici è stato considerare la questione palestinese un problema solo etnico dal punto di vista elettorale, mentre invece era una questione morale che toccava anche altre fasce della popolazione come i giovani, a prescindere dall'origine etnica, e i neri. Una analisi che potrebbe valere come avvertimento per la sinistra italiana e, nel caso dell'Italia, come una spiegazione della disaffezione per il voto.
In un articolo per il New York Times, l’opinionista Peter Beinart ha osservato che durante la campagna presidenziale, i giornalisti hanno spesso esaminato l’impatto della guerra israeliana a Gaza sugli elettori arabi e musulmani, in particolare nel Michigan.
L’attenzione è comprensibile data l’importanza elettorale di Dearborn, una città a maggioranza arabo-americana che ha sostenuto Joe Biden nel 2020. Tuttavia, risultati recenti hanno indicato che lì Donald Trump ha sovraperformato Kamala Harris di circa sei punti percentuali.
Beinart sostiene che concentrarsi esclusivamente sulle ripercussioni politiche della guerra a Gaza attraverso la lente dell’identità etnica o religiosa trascura un aspetto cruciale. Nell’ultimo anno, il brutale trattamento riservato da Israele ai palestinesi – sostenuto dai dollari dei contribuenti statunitensi e trasmesso attraverso i social media – ha innescato una delle più significative ondate di attivismo progressista degli ultimi tempi.
Molti statunitensi contrari al ruolo del loro governo nella devastazione di Gaza non hanno legami diretti con la Palestina o Israele. Similmente alle proteste contro l’apartheid sudafricano o la guerra del Vietnam, la loro motivazione non è radicata nell’etnia o nella religione ma in un profondo senso di responsabilità morale.
Beinart, nel suo articolo, ha sottolineato che l’indignazione per il sostegno statunitense alle azioni israeliane a Gaza è stata particolarmente forte tra i giovani americani e le comunità nere. La solidarietà con i palestinesi è aumentata, come si è visto in oltre 100 campus universitari dove sono stati istituiti accampamenti filo-palestinesi.
A febbraio, il Consiglio dei vescovi della Chiesa episcopale metodista africana, un’importante congregazione nera, ha condannato la guerra a Gaza come un “genocidio di massa” e ha esortato l’amministrazione Biden-Harris a sospendere i finanziamenti per essa. Allo stesso modo, a giugno, la NAACP ha chiesto la fine delle spedizioni di armi statunitensi a “Israele”. Secondo un sondaggio di CBS News di giugno, mentre la maggioranza degli elettori sopra i 65 anni era favorevole alla vendita di armi a "Israele", gli elettori più giovani, in particolare quelli sotto i 30 anni, si sono opposti in modo schiacciante con più di tre a uno. Inoltre, il 75% degli elettori neri è favorevole a tagliare le armi a “Israele”, rispetto al 56% degli elettori bianchi.
L’autore ha analizzato gli exit poll delle recenti elezioni, che mostrano un significativo calo del sostegno di Kamala Harris tra gli elettori giovani e neri rispetto alla performance di Joe Biden nel 2020. Nonostante sia più giovane di Biden e si identifichi come nera, Harris ha visto un notevole calo del sostegno da parte degli elettori sotto i 29 anni, secondo i sondaggi della CNN, del Washington Post, della Fox News e dell'Associated Press. Anche se è nera, la CNN e il Washington Post hanno indicato che ha ottenuto risultati leggermente peggiori di Biden tra gli elettori neri, con Fox News e The Associated Press che hanno mostrato un calo più pronunciato.
Dal punto di vista di Beinart, il sostegno di Kamala Harris alla guerra israeliana a Gaza probabilmente ha avuto un ruolo nella sua perdita di sostegno tra i principali elettori democratici. Nonostante le prove sostanziali che molti degli elettori più fedeli al partito si opponevano alla continuazione della vendita di armi a “Israele”, l’amministrazione Biden ha persistito, anche se le forze israeliane hanno ampliato le loro azioni militari in Libano. Harris non solo si è allineata alla posizione di Biden, ma ha anche fatto dichiarazioni che hanno alienato gli elettori filo-palestinesi.
Questa situazione ha fornito un’apertura a Donald Trump. Secondo l’autore, la sua campagna ha scoperto che gli elettori indecisi nei principali Stati indecisi avevano circa sei volte più probabilità di essere influenzati dalla guerra di Gaza rispetto agli elettori di altri Stati indecisi. Trump ha approfittato di ciò promettendo di aiutare “il Medio Oriente a ritornare alla vera pace” e ha criticato l’ex deputata Liz Cheney, con la quale Kamala Harris aveva fatto una campagna, definendola un “falco guerrafondaio radicale”. Similmente a Richard Nixon nel 1968, che si appellò agli elettori pacifisti promettendo “una fine onorevole alla guerra in Vietnam”, Trump si è presentato come il candidato a favore della pace.
Ad agosto, l’analista palestinese americano Yousef Munayyer ha avvertito che “a meno che Harris non faccia alcuni passi per rompere con la politica israeliana di Biden, la stessa questione che ha contribuito a indebolire Joe Biden già vulnerabile con la sua base potrebbe porre grossi ostacoli sul suo cammino verso la vittoria”.
Ovviamente l'articolo si sofferma sull'aspetto della propaganda ma è ovvio che la comprensione di questo fattore si sarebbe dovuta riflettere, per Harris, sulle decisioni concrete prese dall'amministrazione nei rapporti con Israele, perché agli elettori non sarebbero bastate vuote parole, quindi la sua sfida era più complessa che quella di Trump, non ancora in grado, fino a gennaio prossimo, di incidere direttamente sulle politiche degli armamenti e della diplomazia USA.
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