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04 novembre 2024
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Sulla dichiarazione Balfour
di Rossella Ahmad

In merito alla questione Balfour, ci sono cose da aggiungere, anzi da spiegare con maggiore chiarezza per non dare adito a fraintendimenti. I quali sono quasi sempre insinuanti, maliziosi e volutamente allusivi.

Confermo che l'entrata in guerra degli Stati Uniti fu di molti mesi antecedente alla promessa di Balfour. Non è una sensazionale scoperta. So benissimo cosa avvenne quando. Esiste però qualcosa che banalmente definiamo "intelligenza spicciola", laddove il termine intelligenza deve essere inteso in senso etimologico: intelligere, ossia comprendere.

E però, poiché la comprensione degli eventi - che prescinde dallo studio e fa di solito affidamento anche sulla logica - non è pertinenza di tutti, spiegherò meglio la questione Balfour.

La quale è un punto di arrivo, non di partenza. Ed è il risultato di anni di infiltrazione sionista nel tessuto politico e finanziario della sfera anglosassone. Quello che oggi definiamo lobbying.

Prima che ci fosse la promessa di Balfour, cioè quel concentrato di pensiero coloniale mediante cui X promette un territorio - un focolare, come abbiamo visto - ad una entità Y, era necessario che la potenza X, in questo caso la Gran Bretagna, possedesse almeno in maniera formale il territorio di cui sopra, in questo caso la Palestina. E, per possedere, almeno formalmente, la Palestina, era necessario che la potenza X vincesse la guerra. Un conflitto, il primo mondiale, creato a tavolino anche per smembrare l'impero Ottomano, di cui la Palestina era provincia, peraltro una delle più sviluppate.

L'attività di lobbying sionista inizia in questo contesto. La partecipazione degli Stati Uniti alla guerra consentirà effettivamente all'Inghilterra di essere tra le potenze vincitrici. E, con lo smembramento dell'impero ottomano, la Palestina finirà, guarda caso, sotto mandato britannico, come concordato nelle attività di lobbying precedenti l'entrata in guerra degli Stati Uniti. Ma direi precedenti lo stesso inizio della guerra. Nel contesto di un dopoguerra ancora non effettivo, ma in cui già si individuavano sfere di influenza europea in Medioriente, precedentemente già abbozzate con gli accordi segreti di Sykes-Picot, sarà possibile l'emanazione di un documento come la promessa di Balfour.

Se non vi fosse stato la prospettiva concreta e certa di un mandato britannico sulla Palestina, già deciso nel 1916, in quale modo la Gran Bretagna avrebbe potuto prometterla ad un'entità Y?

È una consecutio temporum storica, neanche troppo complicata: ti farò vincere la guerra, ti insedierai in Palestina come potenza mandataria e tu ricambierai promettendomi il focolare, ma soprattutto consentendo in seguito l'infiltrazione sionista ed una immigrazione illimitata in Palestina, impossibile fino a che fosse stato in vita l'impero ottomano.

Una ulteriore considerazione: i processi storici sono lunghi, travagliati e spesso sconosciuti. La data in sé è puro nozionismo se non inserita in un contesto di prima e dopo. La storia, cioè, con tutti i suoi infiniti complotti, conosciuti solo a posteriori. E solo da chi abbia voglia di sapere.

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