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CI sbatté in faccia la verità che oggi negano
di
Rossella Ahmad
In questa giornata, l'anno scorso, un uomo faceva il suo show depravato nella televisione pubblica italiana, senza che nessuno lo accompagnasse all'uscita.
Di una cosa bisogna comunque dargli atto, tanto atroce quanto inconsueta: aveva detto la verità.
Si preparavano al genocidio e lo dichiaravano urbi et orbi, certi che il filmino trash dei seni amputati ed usati come pallone avrebbe loro garantito l'impunità assoluta.
"Abbiamo uno scopo: distruggere Gaza".
Con quell'accento disturbante, a metà tra quello di un gerarca nazista ed il raspare di un corvo.
Quel giorno lo ricordo bene. Li ricordo tutti in realtà, soprattutto le notti.
Insonni, con un occhio alla TV ed uno su Instagram per assicurarmi che Mutaz, Bisan, Plestia fossero ancora vivi. Preda di angoscia e scoramento.
Quella notte, scrissi così:
"In realtà io ringrazio l'ambasciatore israeliano, come ringrazio i coloni che dovrebbero essere ospitati in un reparto psichiatrico e invece dettano legge al mondo intero. Le sue parole, le loro gesta, hanno aperto gli occhi a molti e molti ancora li apriranno mano a mano che il velo di Maya che copre la loro visuale si dissolverà. Se il fanatismo è un dubbio ipercompensato, come diceva Jung, sappiate riconoscere in questo fanatismo i germi della loro stessa debolezza.
I loro passi falsi non si contano più. Fanno orrore alla gente decente e lo sanno.
Come al solito, io non sono sorpresa. Questo è il loro modus operandi da sempre.
Nel 1987 scoppiò nei territori occupati la prima intifada, la rivolta delle pietre: ragazzi armati di sassi affrontavano i carri armati di occupazione, senza paura. L'immagine plastica di Davide, il pastorello, che combatte il gigante munito delle armi più letali. Famosi sono i video - chi segue la questione palestinese li ha di certo visti - in cui i militari di occupazione catturavano i ragazzi e spezzavano loro le braccia con le pietre, orribile contrappasso di un nemico mostruoso.
L'intifada fu innescata da due episodi: la morte di un gruppo di lavoratori palestinesi, investiti da un'auto guidata da coloni, e da uno degli atti di crudeltà più orrendi e simbolici. Una donna palestinese partoriente arrivò ad un checkpoint, accompagnata da suo marito. I soldati lasciarono passare lei e poi aprirono il fuoco. Il marito rimase ucciso, la partoriente, ferita, diede alla luce una bimba orfana, all'ospedale.
Poi vi fu la seconda intifada, innescata dalla provocatoria visita di Sharon, l'eroe di Sabra e Chatila, a Gerusalemme, nell'anno 2000. Lì iniziò anche il mio attivismo in rete. Aprimmo un sito di informazione su Medioriente e Palestina e mi capitò di tradurre un'intervista a Sharon, molto ben occultata, in realtà, in cui lui ripeteva le stesse parole che tutti avete udito in TV. "Mi vergogno che in un determinato momento storico siamo stati vittime, taglieremo le mani di tutti coloro che ci guardano storto".
Ecco tutto. Nulla di nuovo sotto il sole.
Chi sapeva ha avuto solo conferme. Chi non sapeva sta imparando.
Ho letto oggi lo sfogo di una giovane ragazza, sconvolta da ciò che vedeva.
"Mi sta salendo la carogna contro tutti coloro che continuano a postare futilità, esercizi in palestra, selfie stupidi per raccattare inutili likes. A me non me ne fotte nulla. Non mi importa dell'algoritmo che ci penalizza, togliendoci qualunque visibilità. Continuerò a postare e postare e postare ancora, perché è l'unica cosa che io possa fare in questo mondo di merda".
Nel momento stesso in cui l'omertà diventa più pressante, la connivenza dei governi assume i contorni dell'orrido e il dubbio ipercompensato genera mostri, le pagine sulla Palestina vengono oscurate - Eye on Palestine è ormai inaccessibile - le notizie manipolate, l'attivismo in rete oscurato. Reso invisibile.
Silenziare la verità ed occultarla".[28 ottobre 2023]
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