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24 ottobre 2024
tutti gli speciali

Il nostro silenzio rende vano il loro sacrificio
di Alessandro Ferretti

60.000 PALESTINESI GIÀ DEPORTATI, LA PROTEZIONE CIVILE ATTACCATA, SEI GIORNALISTI ACCUSATI DI TERRORISMO E MINACCIATI DI MORTE: ISRAELE ACCELERA SULLA PULIZIA ETNICA DEL NORD.

Nella foto c’è l’ultimo camion dei pompieri rimasto nel nord di Gaza. Ieri è stato deliberatamente incendiato e distrutto da Israele, che ha intimato alla protezione civile di interrompere le operazioni, lasciar morire i feriti sotto le macerie o per le strade ed evacuare verso l’Indonesian Hospital. Ancor prima della scadenza dell’ultimatum l’esercito occupante ha attaccato le squadre di soccorritori, ferendone tre (dei quali non si sa più nulla) e arrestandone altri cinque, oltre a distruggere cinque mezzi contrassegnati e appunto, l’autopompa.

Eroicamente, molti team di soccorso si sono rifiutati di abbandonare la popolazione alla furia assassina israeliana, ma la mancanza di mezzi rende quasi completamente inoperativa la protezione civile. Sempre più, chi verrà ucciso non verrà raccolto, chi verrà ferito rimarrà abbandonato a morire da solo: uomo, donna o bambino che sia.

Ieri, oltre a ciò, altre decine di persone sono state ammazzate, portando il totale per il solo nord di Gaza ad almeno 770 nel giro di una ventina di giorni, oltre a più di mille feriti. Continua il blocco totale degli aiuti umanitari, e perfino la vaccinazione anti-polio viene sfruttata per portare avanti la pulizia etnica: infatti, l’OMS ha annunciato che Israele ha abolito la zona sicura nel nord riservata alle vaccinazioni obbligando così le famiglie di 120.000 bambini a scegliere se lasciare la loro terra per sempre o proteggere i loro figli dalla paralisi.

I rastrellamenti continuano: oltre duecento persone sono state arrestate e portate non si sa dove, e di altre dozzine catturate dall’esercito israeliano non si sa più nulla, Inoltre, secondo le stime dell’ONU, oltre 60.000 persone sono state già deportate. Migliaia di famiglie senza neanche abiti adatti per proteggersi dal freddo vengono spedite a piedi a camminare per chilometri verso il nulla, in modo da lasciare spazio ai coloni impazienti di costruire le loro case vista mare su un terreno rubato intriso di sangue e sofferenza.

La pulizia etnica richiederà ancora giorni e giorni di atrocità, e per poter completare l’opera Israele ha chiaramente intenzione di alzare ulteriormente il livello e la quantità dei crimini che perpetra e preferisce che non ci siano testimoni. Per questo, ieri l’IOF ha lanciato delle gravissime e infamanti accuse contro sei giornalisti palestinesi che ancora riportano notizie dal nord definendoli nientemeno che terroristi operativi, supportando tali accuse nientemeno che con degli scan sfocati di documenti cartacei secondo loro trovati “a Gaza” su cui (sempre secondo loro) Hamas e PIJ avrebbero annotato accuratamente in chiaro tutti i nomi e cognomi dei militanti per poi lasciarli in giro alla mercè dell’esercito israeliano.

L’accusa è talmente assurda che perfino il Segretario di Stato USA, Anthony Blinken in persona, ha affermato che va attentamente analizzata ed esaminata.. ma non aspettiamoci solidarietà da parte dei colleghi occidentali degli accusati, anzi: ieri La Stampa ha sfondato probabilmente l’ultima barriera della decenza riportando la notizia dando pieno credito alle accuse senza metterle minimamente in dubbio, nonostante le bugie israeliane siano state talmente tante e talmente sfacciate da rendere semplicemente folle credere sulla fiducia a simili panzane.

Come ha dichiarato Acsecnarf Albanese, la gravissima accusa suona come una condanna a morte; nel migliore dei casi, significa che quando i giornalisti verranno intercettati dall’esercito verranno arrestati e trasferiti nei famigerati campi di tortura israeliani. Eppure, Anas al-Sharif, Hossam Shabat e gli altri accusati hanno già detto che fino a quando avranno vita continueranno ad informare il mondo sulle atrocità inflitte su una popolazione inerme.

Questi giornalisti, così come i membri delle squadre di soccorso, sanno perfettamente quello che li aspetta, sanno benissimo che continuare a fare il loro lavoro nonostante queste minacce costerà loro la vita e/o torture spaventose. Israele ha ammazzato il padre di Anas al-Sharif già a novembre, e solo pochi giorni fa ha ammazzato dieci suoi parenti (tra cui sei bambini) durante la spaventosa strage mirata di Beit Lahia che ha falciato 87 persone. Nonostante ciò mettono la loro vita in secondo piano pur di non abbandonare i loro concittadini a una furia genocidaria e colonialista che ormai ha abbandonato ogni remora legittimando la ferocia più estrema e inumana.

A noi, per sostenerli, basta invece un semplice gesto di condivisione. Seguiamo i loro account sui social, facciamoci sentire, non lasciamoli soli; non rendiamo vano il loro sacrificio.

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