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29 settembre 2024
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Osservatori russi commentano operazioni di Israele
di Francesco Dall'Aglio

Era abbastanza prevedibile che le ultime operazioni israeliane sarebbero state lette in un certo modo dall’ala destra, diciamo così, del nazionalismo e del militarismo russo.

Da un paio di giorni alcuni voenkori, analisti e personalità assortite (dei quali il più famoso è certamente Aleksander Dugin, seguito da Vladislav Šurigin, ma anche i miei Ivan 1 e 2, che avete già conosciuto, non scherzano) osservano le escalation israeliane e i successi contro Hezbollah (e quindi contro l’Iran) con malcelata invidia, e soprattutto con una certa preoccupazione per quelli che, secondo loro, sono dei paralleli sinistri tra la situazione iraniana e quella russa. Anche l’analisi di Andrew Korybko sul suo Substack va in questa direzione.

Il loro ragionamento, molto in sintesi, è il seguente. L’Iran perderà la guerra senza nemmeno bisogno di essere sconfitto sul campo perché, come la Russia, continua a preferire la risposta diplomatica a quella militare. Promesse, minacce, ammonimenti, ‟gesti di buona volontà”, chiamate alla responsabilità, puntualizzazioni, qualche operazione militare che non va mai a colpire i centri decisionali, una tolleranza enorme per le proprie perdite e l’indisponibilità a infliggerne di più gravi al nemico, nella speranza che la diplomazia possa ottenere risultati migliori e più duraturi della guerra.

Dall’altra parte bombe nelle automobili, esplosivo nei cercapersone e quartieri interi rasi al suolo – e meno male, per quanto riguarda la Russia, che l’Ucraina non ha la potenza di fuoco e i mezzi di Israele.

E così l’Iran non ha sostanzialmente reagito all’assassinio di Suleimani, al bombardamento del consolato a Damasco, all’assassinio di Ismail Haniye in piena Teheran e agli avvenimenti delle ultime settimane, limitandosi a proclami bellicosi e a qualche lancio di missili quasi cosmetico. Ora, è certamente un’ottima cosa che sia la leadership iraniana che quella russa non reagiscono nel modo caricaturale che i media e l’opinione pubblica occidentale si aspettano, perché qualcuno dovrà pur fare l’adulto responsabile. Ma le conseguenze sono che ad ogni azione ne segue una peggiore, visto che non c’è risposta: perché se ci fosse stata per le escalation minori ora non si dovrebbero affrontare le maggiori.

Perché allora, si chiedono, continuare questa lenta ed estenuante gradazione dell’escalation quando l’altra parte non la pratica, scambia la moderazione per debolezza e opera con escalation sempre maggiori e sempre più destabilizzanti, che fanno danni sempre più grandi (una tragica convergenza con gli oltranzisti nostrani, che sono anche loro convinti che una risposta non ci sarà mai e allora tanto vale sparare tutto)?

Soprattutto, perché continuare a privilegiare la soluzione politica a quella militare se si è in guerra, per di più una guerra che definisci esistenziale, quindi ben oltre ogni possibilità di negoziato? Perché questi continui accenni alla volontà di negoziare, queste dichiarazioni di disponibilità a usare armi più pesanti ma solo in caso di attacco più grave di quelli già subiti, perché soprattutto questa illusione che non bisogna esagerare troppo perché altrimenti, a guerra finita, sarà più difficile ripristinare buoni rapporti?

Se l’altra parte non ha intenzione di avere mai più buoni rapporti perché non radere tutto al suolo e farla finita una volta per tutte? Israele ha mostrato la strada: là c’è il nemico, abbiamo deciso di combatterlo e lui ha deciso di combattere noi, abbiamo la possibilità di spianare tutto prima che lui spiani noi, quindi spianiamo tutto e se muoiono i civili pazienza, tra ‟danni collaterali” e ‟Dio sa chi sono i suoi” di conferenze stampa ne puoi gestire parecchie. Del resto già agendo così le operazioni militari russe sono qualificate come genocidio e i leader come pazzi sanguinari. A questo punto...

Insomma, da entrambe le parti c’è gente che vorrebbe ‟fare come Israele”: in Ucraina con la militarizzazione della società, gli omicidi mirati e le operazioni non convenzionali, in Russia radendo al suolo ogni cosa.

Ogni tanto ci troviamo a rimpiangere, più o meno ironicamente, Berlusconi. Speriamo di non trovarci a rimpiangere Putin e Budanov.

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