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16 settembre 2024
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"Palestina, terra sofferta nella carne del pianeta"
di Rossella Ahmad

Mi chiedo come sia possibile che esistano ancora luoghi chiamati Sabra, chiamati Shatila. Luoghi fisici, intendo, in cui la vita sia continuata in qualche modo.

I simboli di morte tali dovrebbero restare nell'immaginario collettivo, cristallizzati per sempre in quel tempo ed in quello spazio che li videro trasformarsi in imperitura rappresentazione del male sulla terra.

E Sabra e Shatila lo sono, e la loro personificazione resta inalterata nel tempo, sicché pensi ad essi ed immediatamente la tua mente si affolla di corpi gonfiati dal calore sull'asfalto, mosche che succhiano ciò che resta di pozze di sangue rappreso e bambini impalati sugli usci di porte sventrate.

Questo è, questo sono, nonostante il fatto che la vita lì sia poi continuata, come sempre accade in Palestina, con il suo corredo di nascite, lotte, resistenze.

Neanche i morti da di Sabra e Shatila hanno ottenuto giustizia. Migliaia di vittime rappresentate dai familiari superstiti in ogni consesso civile dal 1982 ad oggi restano ciò che erano: carne umana a buon mercato. I sacrificabili.

Non starò a ricordare le circostanze e le fasi di un eccidio che, nel tempo, si è trasformato in quintessenza dell'ingiustizia sulla terra. Essi sono ben noti a tutti coloro che si occupino di Palestina: una tre giorni di mattanza, condotta materialmente dai falangisti alleati di Israele nei campi profughi più affollati del Libano, ma progettata, pianificata e resa possibile dal governo di cui Sharon era ministro della difesa.

Celebre la sua immagine sulle colline che circondavano i campi, mentre osservava con il binocolo il lavoro dei sicari, desideroso di non perdersi neanche un fotogramma dell'orrore. La legge di causa ed effetto, il daimon, avrebbe poi fatto il suo corso, ed Arik Scheinerman (nome di nascita di Ariel Sharon, ndr), lituano e bielorusso, avrebbe concluso la sua carriera di colonizzatore e criminale di guerra in stato vegetativo, per anni. La testa spaccata in sette parti, anche questa altamente simbolica come retribuzione karmica per l'offesa fatta alla dignità della vita.

Altamente simbolica anche la morte del generale Rafael Eitan, il subbotnik russo capo di stato maggiore dell'esercito israeliano durante l'eccidio: spazzato via da un'onda mentre sostava sul molo di Ashdod.

Chi abbia visto il film "Valzer con Bashir" sa di cosa parlo.

Il 16 dicembre 1982 l'Assemblea generale dell'ONU definì il crimine "un atto di genocidio". L'orrore suscitato dai massacri è testimoniato dal fatto che nessun voto contrario accolse la risoluzione, e questa circostanza suscita molte considerazioni a proposito dell'enorme crollo del senso etico che il mondo ha sperimentato in soli quarant'anni.

Oggi, a Gaza, con un livello di orrore sicuramente maggiore, l'unanimità nella condanna non c'è stata, segno evidente della spaventosa involuzione subita dall'umanità in un tempo relativamente breve.

“…Palestina, terra sofferta nella carne del pianeta, cimitero di tutti gli dei spenti nei tuoi figli. Saturno ti pesa il segno dell’orrore, che ci umilia, che vi umilia…” (Abu Manu)

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